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Babi Yar. Context - cr. ATOMS & VOID
Prosegue senza battute d'arresto per Sergei Loznitsa l'incredibile lavoro di riesumazione storica-archeologica-cinematografica atto a risvegliare la memoria dall'oblio, perché "quando il passato adombra il futuro, è la voce del cinema che articola la verità".
Dopo Austerlitz, Process e State Funeral, per citare solamente tre dei suoi ultimi documentari, il cineasta ucraino (di nuovo a Cannes, in Special Screening, tre anni dopo Donbass, mentre l'anno prima era in gara con A Gentle Creature) torna a Babi Yar, fossato situato a nord-ovest di Kiev, tristemente noto perché teatro, tra il 29 e il 30 settembre 1941, di uno dei tre più grandi massacri della storia dell'Olocausto, con 33.771 ebrei uccisi.
Ancora una volta attraverso un meticoloso lavoro su materiale d'archivio inedito, Loznitsa assembla e ripulisce (restauro durato mesi) immagini dell'epoca provenienti dall'Archivio di Stato russo a Krasnogorsk (RGAKFD), dal Bundesarchiv e da archivi regionali in Germania, oltre a filmati amatoriali realizzati dalle truppe naziste durante l'occupazione ucraina.
Babi Yar. Context - cr. ATOMS & VOIDTutto questo per restituire, appunto, il contesto entro il quale ebbe luogo quella carneficina. Si parte così dall'estate del 1941, con l'invasione delle truppe tedesche nei territori dell'Ucraina sovietica, il dramma della distruzione causata dai bombardamenti ma anche l'accoglienza positiva da parte dei cittadini che, almeno inizialmente, percepirono i nazisti come liberatori al cospetto del regime stalinista.
Dal contesto di villaggi rurali e cittadine si passa poi alla conquista di Kiev. E sarà proprio all'indomani delle violente esplosioni del 24 settembre 1941, con gli edifici del centro città fatti saltare in aria da partigiani e servizi segreti sovietici, che la rappresaglia nazista trova sfogo nel fossato di Babi Yar.
Quattro giorni dopo le esplosioni sui muri della città campeggiavano questi manifesti: "Tutti gli ebrei che vivono a Kiev e nei dintorni sono convocati alle ore 8 di lunedì 29 settembre 1941, all'angolo fra le vie Melnikovskij e Dochturov (vicino al cimitero). Dovranno portare i propri documenti, danaro, valori, vestiti pesanti, biancheria ecc. Tutti gli ebrei non ottemperanti a queste istruzioni e quelli trovati altrove saranno fucilati. Qualsiasi civile che entri negli appartamenti sgomberati per rubare sarà fucilato".
Andarono lì, pensando di essere deportati. E invece vennero massacrati. Per mano del Sonderkommando 4a dell'Einsatzgruppe C, assistito da due battaglioni del reggimento di polizia del sud e della polizia ausiliaria ucraina, e senza alcuna resistenza da parte della popolazione locale.
Senza l'ausilio di alcuna voce narrante, ma lasciando parlare come sempre le immagini, Loznitsa "costruisce" un vero e proprio film, rimettendo in ordine cronologico i fatti e intervallando le varie fasi del racconto con una manciata di quadri neri per sottolineare luoghi, date e avvenimenti, compreso un lungo articolo del celebre Vasily Grossman: la disumanizzazione, la perdita dei valori durante situazioni straordinarie - di fatto in quel breve lasso di tempo l'Ucraina si è ritrovata vittima di un doppio cambio di regime, con l'armata rossa tornata a riappropriarsi di quei territori nel novembre del 1943 -, il regista non molla di un millimetro la sua lotta al cronocidio: "Credo che dobbiamo imparare la verità. È anche l'unica via d'uscita dalla palude sovietica/post-sovietica, nella quale i paesi eredi dell'ex URSS si ritrovano oggi".
Babi Yar. Context - cr. ATOMS & VOIDI fatti di Babi Yar sono stati volutamente sottaciuti dalla stessa Unione Sovietica per decenni. E proprio per questo il documentario di Loznitsa non si ferma al massacro, ma allarga appunto il contesto anche al dopo: con la liberazione dai nazisti iniziarono a farsi avanti i pochi sopravvissuti di quella carneficina, il film ne riporta in vita le testimonianze, atroci, durante il processo che venne fatto ai responsabili. Per arrivare poi ad un altro rarissimo filmato della pubblica esecuzione a Kiev, avvenuta nel gennaio 1946.
Dodici criminali nazisti furono impiccati nella piazza centrale (allora conosciuta come piazza Kalinin): ad assistervi oltre 200.000 residenti di Kiev, assiepati e assetati di "giustizia". Dopodiché, qualche anno più tardi, la fossa di Babi Yar venne utilizzata dal governo sovietico per sversare i rifiuti industriali delle fabbriche circostanti. E sommergere ogni cosa.