Il torbido zio Michele, l’implacabile zia Cosima, la diabolica cugina Sabrina e poi lei, l’innocente Sarah: eccoli i protagonisti di una delle vicende più macabre degli ultimi anni, una di quelle storie che sembrano uscite dalla penna di uno sceneggiatore e appartengono invece alla cronaca. Un pugno di persone e poche verità svelate a mezza bocca sono sufficienti a definire i contorni agghiaccianti di un delitto che si svela per quello che è, una orribile storia di famiglia sullo sfondo di una Puglia la cui luminosità si è spenta, letteralmente, in fondo a un pozzo.

Tra la scomparsa della adolescente e il ritrovamento del cadavere in diretta tv passano quarantadue giorni durante i quali, come mostra la serie Avetrana – Qui non è Hollywood, i personaggi principali più che fare i conti con le proprie colpe cercano tramite i media di indirizzare gli investigatori verso improbabili piste alternative nel tentativo di coprire la verità. Una scomparsa, quella di Sara, che l’Italia intera vive come se la ragazzina acqua e sapone fosse una di famiglia, non sapendo ancora che è proprio nel più lugubre degli ambiti familiari che è maturato l’indicibile. L’insoddisfazione che diventa frustrazione, l’invidia che matura in rancore, la gelosia che si trasforma in volontà di uccidere. Il tutto nello spazio soffocante e oscuro delle quattro mura domestiche della famiglia Messeri, dove quotidianamente irrompeva Sara con la sua inconsapevole bellezza generatrice di ansie sempre più profonde nella mente della crudele cugina.

Avetrana – Qui non è Hollywood
Avetrana – Qui non è Hollywood

Avetrana – Qui non è Hollywood

(Lorenzo Pesce)

Un caso di cronaca nera imbastito di amore, rabbia e vendetta che neanche a dirlo vede precipitarsi per le strade del paese orde di giornalisti pronti a tutto per rubare una dichiarazione, fermare un’espressione ambigua, filmare un pianto incontrollato. Avetrana non sarà Hollywood, ma è là che si tessono abili menzogne e disseminano false tracce a costruire un romanzo nero che quanto a inventiva surclassa sul campo l’opera di qualsiasi scrittore di thriller. Del resto, si sa, la realtà supera sempre la fantasia. Impossibile affrontare una materia di tale incandescenza se non scomponendo il puzzle degli eventi e ricostruendo tassello dopo tassello i fatti che portano all’omicidio e quelli dopo il ritrovamento fino agli arresti definitivi, in un continuo susseguirsi di colpi di scena.

È questa la strada che il regista Pippo Mezzapesa, anche sceneggiatore insieme ad Antonella Gaeta e Davide Serino con la collaborazione di Flavia Piccinni e Carmine Gazzanni, sceglie di seguire. Un pedinamento implacabile che nel corso di quattro puntate, dedicate di volta in volta a Sabrina, Cosima, Michele e Sarah, svela segreti inconfessabili, sogni, desideri, paure e fa rivivere un mondo di provincia chiuso e asfissiante guidato da una cattiveria che segna senza via di scampo relazioni, amicizie e parentele.

Il regista pugliese, alle spalle il noir livido Ti mangio il cuore ambientato anch’esso in Puglia, si muove tra terre riarse, strade abbacinanti per il sole, tristi bar centri di incontri serali e lidi affacciati sul mare, dimostrando di conoscere bene i luoghi ove collocare con maestria gli attori principali della tragedia.

Anna Ferzetti in Avetrana – Qui non è Hollywood
Anna Ferzetti in Avetrana – Qui non è Hollywood

Anna Ferzetti in Avetrana – Qui non è Hollywood

(Lorenzo Pesce)

Tuttavia, è nella vicinanza ai corpi che dà il meglio, a sottolineare la portata scandalosa di ognuno di essi. Corpi giovani, aggraziati, grassi, gonfi, sfatti di fatica e di tristezza chiamati a sopportare sguardi di desiderio o, all’opposto, di ripulsa. Corpi che attraversano le puntate disegnando una geometria dell’orrore che ogni protagonista illumina dal suo punto di vista, una sorta di Rashomon in terra salentina con Sabrina, Michele e Cosima che si perdono nel labirinto dell’abiezione mentre Sarah, eroina dell’ultima onirica puntata, porta la narrazione a una dimensione altra liberando il crime dai lacci del genere per farsi racconto umano.

Un percorso accompagnato da una scrittura che intreccia tempi e spazi in modo sapiente e che, nel corso dello svolgimento degli eventi, nonostante i flash back mantiene comunque una linearità cronologia. Un difficile lavoro di incastri sostenuto da una straordinaria capacità di mettere a nudo le psicologie e rinnovare gli stilemi del crime, genere di cui la serialità italiana replica purtroppo da anni modalità stanche e abusate.

In questo senso Avetrana – Qui non è Hollywood è una sorpresa per come si fa carico di rileggere un delitto di cronaca non tradendo la vicenda ma rendendola materia di fiction. Una rilettura tesa, avvincente, disturbante dell’omicidio che ha scioccato per ferocia e, al contempo, segnato un punto di non ritorno per il circo mediatico che è stato in grado di scatenare. E quello dei media è un elemento che la serie non tralascia di sottolineare, ne amplifica anzi la portata in un continuo confronto tra la complessità visiva con cui è reso lo svolgersi degli accadimenti criminali e la pochezza del linguaggio utilizzato dalla tv nel narrarli in diretta.

Vanessa Scalera in Avetrana – Qui non è Hollywood
Vanessa Scalera in Avetrana – Qui non è Hollywood

Vanessa Scalera in Avetrana – Qui non è Hollywood

(Lorenzo Pesce)

Una serie come Avetrana – Qui non è Hollywood non sarebbe però così incisiva senza la presenza di attori che si sono fatti carico di dar vita a personaggi fortemente disturbati. Mezzapesa ha lavorato per liberarli di quanto la cronaca aveva lasciato sedimentare dentro di loro e li ha condotti per mano nell’abisso. Vanessa Scalera si conferma attrice di rango disponibile a rinnegare persino i suoi tratti per dar vita alla terribile Cosima e non meno efficace si dimostra Paolo De Vita immerso nella pochezza mentale di Michele, mentre Federica Pala disegna con levità il cammino verso il baratro di Sarah. Ma la vera sorpresa è Giulia Perulli nei panni di Sabrina, un concentrato di rabbia incontenibile in un fisico di cui l’interprete accentua senza paura gli inestetismi con l’obiettivo di generare repulsione.

Definitivamente Avetrana non è Hollywood, è un’Italia oscura e spaventosa abitata da mostri della porta accanto. Una porta verso gli inferi dai quali non si fa ritorno.