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Dakar, gli operai del cantiere di una torre avveniristica non ricevono il salario da mesi: decidono di attraversare l’oceano, in cerca di un futuro migliore. Tra loro, Souleiman che ama Ada: la ragazza lo ricambia, ma sta per sposare un altro. Alle nozze divampa un misterioso incendio, mentre di Souleiman non ci sono più notizie…
Già attrice in 35 Rhums per Claire Denis, quindi regista a sua volta, la franco-senegalese Mati Diop trasforma in lungometraggio il suo corto documentario quasi omonimo, Atlantiques, del 2009: Atlantique segna la prima volta di una donna nera in concorso a Cannes.
Occasione, di questi tempi, troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire, e dunque ecco un film – ancora, a Cannes 2019 – con gli zombi: se un film di morti viventi (The Dead Don’t Die) è un film di morti viventi, due film di morti viventi fanno un festival di morti viventi?
Attori belli, qualche buon momento, più di qualche buon proposito, ma anche tanta, troppa irresolutezza, svarioni di sceneggiatura e scelte assai discutibili. Certo, il lavoro si paga, certo, di immigrazione si muore, ma se Atlantique non li trasforma in cinema, questi moniti, questi temi non ne escono forse indeboliti?
La programmaticità non fa un buon film, e nemmeno i buoni sentimenti: l’amore al tempo della sperequazione, delle morti in mare, dell’Africa plagiata e piagata dal Primo Mondo di Ada e Souleiman parte realistico, quasi boy meet girl, e poi prende la tangente sovrannaturale, destando più di un interrogativo senza apparente soluzione.
Ma se gli zombi cambiano sesso rispetto ai vivi che erano, proprio solo uno, e quell’uno, deve fare eccezione? Qual è il problema, un possibile incontro saffico? C’è chi torna per il denaro, chi per l’amore, e questo fa il genere? Boh. Ghiotta l’occasione, meno il film. PS: Les filles du soleil di Eve Husson di Cannes 2018, ve lo ricordate?