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Chi si nascondeva dietro il nome di William Shakespeare, attore teatrale semianalfabeta che alla sua morte, nel 1616, alla moglie e alle due figlie non lasciò né denaro né, tantomeno, nessun accenno a libri o manoscritti? Parte dalla stessa domanda che per secoli si sono posti studiosi e intellettuali, Roland Emmerich, per il suo Anonymous. E finisce per rispondersi come già fecero, da tempo, i cosiddetti oxfordiani: in realtà, dietro Shakespeare si celava il conte di Oxford (qui Rhys Ifans), nobiluomo e cortigiano, secondo la leggenda amante della regina Elisabetta (Joely Richardson da giovane, Vanessa Redgrave quando più anziana).
È vero, l'accostamento Emmerich-Shakespeare potrebbe non lasciar presagire nulla di buono, ma l'operazione compiuta dal regista più hollywoodiano partorito dal continente europeo sorprende per svariate ragioni: forte di una sceneggiatura (di John Orloff) ad alto tasso di complessità, l'artefice dei vari Independence Day e 2012, pur non rinnegando il gusto per una messa in scena roboante, riesce a costruire un anomalo thriller in costume capace di spaziare senza soluzione di continuità su tre livelli linguistici - letteratura, teatro, cinema - e di riflettere sull'importanza dell'arte quale strumento politico tra i più raffinati. E incisivi.