“Bee, bee, aiò”. È la lingua con cui parla Anna alle pecore della sua fattoria. Belati, ma anche e soprattutto dialetto stretto, quello sardo, quello della natura incontaminata della Sardegna dove è cresciuta questa giovane donna. Una terra, precedentemente di proprietà di suo padre (ai fini della comprensione della storia va specificato: acquisto del quale non vi è prova documentale, ma solo orale), ora minacciata dalla costruzione di un mega resort della Mirage spa.

Anna però, interpretata dalla bravissima Rose Aste per la prima volta dietro la macchina da presa (viene da un piccolissimo paesino sardo di nome San Sperate), è una combattente: non si arrende e non rinuncia alla sua terra. Non ci sta a cederla neanche di fronte a un’offerta di 500mila euro da parte dei costruttori italo-francesi perché: “la terra resta, i soldi volano”.

Come Don Chisciotte combatte contro i mulini a vento, contro il capitalismo cieco, contro le ruspe, contro il cantiere e il gruppo cementizio, contro i rumori che disturbano le capre che non fanno più latte e i pregiudizi di un paese dove “comandano gli uomini e le donne eseguono”.

Ispirato a una storia realmente accaduta qualche anno fa in Sardegna e diretto da Marco Amenta, che già si era distinto per il suo Tra le onde, regista siciliano che nuovamente torna a coniugare impegno civile e ricerca estetica con grande sapienza. Al centro sempre un’isola: nel precedente era la Sicilia e Lampedusa e il tema dei migranti, questa volta è la Sardegna e la speculazione edilizia.

Ne esce fuori una sorta di “lotta di Davide contro Golia”, ma anche una battaglia di emancipazione femminile (sulla scia delle tante altre ultimamente al cinema) che commuove e convince per il suo sapore selvaggio, per la sua verità e soprattutto per il suo saper restituire in modo autentico i colori, i rumori e quasi persino gli odori e i sapori di una natura e di un mondo che rischia di scomparire.

Un po’ come le donne di Punta Sacra (il bel doc di Francesca Mazzoleni che raccontava la lotta di una comunità che abita alla foce del Tevere, all’idroscalo di Ostia, resistendo a coloro che per quel posto hanno ben altri progetti) anche Anna combatte contro il rischio della distruzione di quella realtà e il mondo degli interessi commerciali. Con un’unica, grande, differenza: lei è sola. Intorno vi è solamente una comunità che la scaccia e la rifiuta proprio in quanto donna che non sta zitta e non si adatta. Presentato alla 80esima Mostra del Cinema di Venezia in chiusura delle Notti Veneziane (Giornate degli Autori) ora arriva in sala con Fandango: una storia di resistenza tutta al femminile è assolutamente da vedere.