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Una scena di Angel
Sguardi languidissimi, romanticismo stucchevole, lusso smodato e di cattivo gusto. Canzonatorio e dissacrante, François Ozon si prende gioco di canoni e spettatori con un'esilarante farsa del melodramma. Stilemi e cliché dei grandi classici vengono esasperati, calcando il piede sull'eccesso e il superlativo. In sintonia con l'operazione, tutto prende spunto dal romantico sogno di una giovane di emanciparsi dalle sue umili origini sfondando nella scrittura. Bravissima nell'interpretarne rozzezza e ingenuità è la rivelazione Romola Garai, da poco vista anche in Espiazione. A impreziosire il cast del film, basato su un racconto dell'autrice britannica Elizabeth Taylor, anche la partecipazione di Charlotte Rampling. Siamo nella provincia inglese d'inizio secolo. Eccessi e tinte forti accompagnano la vicenda fin dalla caratterizzazione della protagonista: presuntuosa, sfrontata e irriverente, la Angel del titolo riesce presto a sfuggire al suo destino di stenti, seducendo il pubblico vittoriano con la prosa zuccherosa e gli amori impossibili dei suoi romanzi. Il successo le schiude le porte dell'alta società in cui irrompe e sguazza senza prestare la minima attenzione a costumi ed etichetta. Esilarante, nella vorticosa ascesa che le riserva l'adattamento, il tratteggio di Ozon che la presenta come un'arricchita figlia del popolo che "apprezza vagamente Shakespeare tranne quando prova a fare lo spiritoso", costella la sua reggia di drappi e statue senza il minimo gusto e, in intimità col marito, lo prega di "non farlo davanti al cane".
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