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Si tratta ovviamente di una pura coincidenza, ma ci piace pensare che sia anche un segno. Proprio a pochi giorni dall’80° Anniversario della Liberazione d’Italia da parte di partigiani e alleati nei confronti dei soldati nazisti, arriva su Disney+ (da oggi, 23 aprile) la seconda ed ultima stagione di Andor, l’incarnazione seriale di quella Galassia Lontana Lontana che è Star Wars, forse passata più in sordina eppure la più meritevole ed attuale.
Un concentrato di discorso politico, di lotta contro i poteri forti, di chiamata alle armi in nome della libertà, quel diritto costituzionale così fondamentale eppure così facilmente e ciclicamente dimenticato dalla Storia con la s maiuscola. Non è quindi importante che sia un prequel volto ad arrivare a Rogue One, film arrivato come un fulmine a ciel sereno da parte di Gareth Edwards nel 2016 e quindi a quella celebre scena caratterizzata dalla frase iconica “Sei la nostra unica speranza”. Non è importante la strizzata d’occhio al fandom, che qui anzi si è visto meno riconosciuto, senza battaglie con le spade laser da riprodurre con gli amici nella realtà.


Andor è importante, anzi fondamentale – nella sua interezza e ancor di più in quest’ultimo capitolo – per l’incredibile e crudele messaggio di cui si fa portavoce, della guerra in nome della pace. Cosa si è disposti a fare per la causa? Tutti i personaggi devono rispondere a questa domanda, prima di tutto a se stessi, e agire di conseguenza. Ne è l’emblema il Luthen di Stellan Skarsgård, burattinaio e uomo dietro le quinte che muove le fila di tutti i suoi collaboratori sparsi per la galassia in fondo da fermare l’Impero una volta per tutte. Da fuori e da dentro. Una persona che non guarda in faccia nessuno perché l’obiettivo da raggiungere è troppo importante per la comunità, per fermarsi a pensare al singolo. Il sacrificio è parte integrante della missione, se si sceglie di entrare a far parte della ribellione. Per contraltare, il viaggio di Cassian è quasi speculare: da cinico ladro disinteressato diventa eroe per caso e a tratti epico eppure sempre guardingo e diffidente.


I nuovi 12 episodi sono pensati a gruppi di tre per raccontare gli anni che portano alla battaglia finale di Una Nuova Speranza. Una spy story intergalattica che tiene costantemente col fiato sospeso, anche quando sembra non succedere niente e quando sembra allungare inutilmente alcune storyline secondarie. Sono i silenzi, gli sguardi, i dialoghi strozzati di Tony Gilroy e quelli politici di Beau Willimon (House of Cards), la regia a sei mani attenta e puntuale che ci fanno sentire parte della discussione, e non mero pubblico passivo che guarda annoiato una lotta contro il totalitarismo.
Nessuno è al sicuro, questo vuole dirci prepotentemente Andor, e dobbiamo essere disposti a sacrificare chiunque per un bene più grande. Anche lo spettatore è insomma chiamato in causa: cerca di stare attento a tutti i dettagli sciorinati lungo il cammino, per provare a cogliere i passi falsi e i doppi giochi dei protagonisti, e deve scegliere che parte stare più che mai.
È una serie sulle sfaccettature ma soprattutto sul prendere una posizione chiara; un prodotto che ci ricorda quanto i tiranni più pericolosi non siano quelli che urlano e sbraitano ma quelli che, più che agire nell’ombra, sfruttano i dubbi e le incertezze delle persone per convincerle di un determinato ragionamento. Questo perché loro per primi sono convinti delle proprie ideologie e questo è forse l’aspetto più pericoloso della Storia. Chissà se da quella di Star Wars, per una volta, riusciamo a fare tesoro di alcuni insegnamenti anche noi, da applicare alla vita reale, nel nostro piccolo che può diventare il grande di tutti.