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Andiamo a quel paese
Finalmente, si ride. Si ride davvero, perché le battute non sono stitiche e vanno a segno. Nell'ultimo cinema italiano, è già qualcosa. Dunque, evviva Andiamo a quel paese, ultima fatica dietro e davanti la macchina da presa di Ficarra e Picone, film di chiusura del nono Festival di Roma.
Amici di lunga data, rimasti disoccupati, Salvo (Ficarra) con moglie e figlia e Valentino (Picone) si trasferiscono da Palermo a Monforte, paese natale del secondo, nella speranza di limitare le spese. Ebbene, il paesotto pullula di anziani, tutti sono parenti di tutti e a Salvo si accende la lampadina: perché non ospitare nella casa della suocera anche gli zii e le zie della moglie, che in cambio dell'assistenza verseranno la propria pensione? L'idea funziona, ma durerà?
Ficarra e Picone sono freschi, divertenti e divertiti, dunque il lato comico è salvo, meno efficace la struttura drammaturgica, che qui e là è una mera parete bianca su cui attaccare i post-it delle battute, eppure sulla crisi e i suoi derivati – l'unica speranza sono le pensioni dei propri cari –buttano lì qualche iperbole indovinata. Un buco nell'acqua, viceversa, le tirate sull'arte tutta italiana delle raccomandazioni e, soprattutto, sul celibato dei preti. Queste sì vanno davvero a quel paese...