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George e Anne sono marito e moglie ottuagenari, insegnanti di musica in pensione. Una vita trascorsa fianco a fianco, poi Anne subisce il primo di due attacchi. La malattia metterà a dura prova il loro legame.
Michael Haneke torna in concorso a Cannes tre anni dopo la Palma d'Oro vinta per Il nastro bianco, rischiando ancora una volta di fare centro: Amour, operazione dichiaratamente più piccola rispetto al capolavoro in bianco e nero, è un film ambientato unicamente all'interno di un appartamento (eccezion fatta per una brevissima sequenza in cui i due protagonisti sono ripresi, con camera fissa, come spettatori di un concerto), per forza di cose personaggio aggiunto del racconto. E rappresentazione di un set, quello della vita di George e Anne, che dopo una lunghissima e complice "lavorazione" si avvicina lentamente alla chiusura. Operazione minore, dunque? Solo in apparenza, perché se l'apporto di Isabelle Huppert è da considerarsi "occasionale" (è la figlia dei due, con tre-quattro pose in tutto), quello che emerge con forza è la completa immersione nel film dei due interpreti principali, mostri sacri del cinema e del teatro francese (la Riva, per chi non lo ricordasse, era la giovane protagonista di Hiroshima mon amour), fantastici nel saper raccontare la verità di un amore lungo chissà quanti anni, chiamato a fare i conti con l'ineluttabile traguardo dell'esistenza.
Haneke non ricorre ai facili espedienti, non si affida a comodi flashback, ma rimane attaccato al presente dei suoi personaggi. Capaci di aprire allo sguardo le numerose porte (dell'appartamento e) della loro vita in comune solo con un gesto, o una parola: ed è straordinario, in questo, soprattutto Trintignant, chiamato a dover assistere la moglie malata nel rispetto dei suoi desideri (non essere riportata in una stanza d'ospedale), quando per lenirle la sofferenza inizia a raccontarle episodi dell'infanzia mai condivisi prima. Un presente che li costringe a passi di "ballo" lenti e goffi, ogniqualvolta Anne deve spostarsi dal letto alla carrozzina, dalla carrozzina al bagno, dal divano alla carrozzina. E che li mette faccia a faccia con la fine: gli altri - la figlia, in primis - non capiscono, si infervorano in nome di terapie che, al giorno d'oggi, potrebbero migliorare le condizioni di Anne, ma poi vanno via. E nell'appartamento rimangono lui e lei. Come sempre, fino alla fine.