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Almanya
Le seconde generazioni hanno trovato schermo anche in Italia: da Good Morning Aman a Lezioni di cioccolato 2 (sic), per fare solo due nomi, hanno preso domicilio, se non residenza, cinematografico, con esiti artistici talvolta interessanti. Il problema è un altro: di chi è l'occhio che le inquadra, le racconta, le “mette in scena”? Appunto, italiano da generazioni, italianissimo. A che punto stiamo con l'integrazione lo si vede da qui: li raccontiamo “noi”, quando potranno raccontarsi “loro”?
Perché altrove succede, per esempio in Germania: le sorelle Yasemin ('73) e Nesrin ('79) Samdereli hanno scritto, e la prima anche diretto, dei loro ricordi di ragazze tedesche di origine turca. Mutatis mutandis, ok, ma accade, e senza assumere le riforme del revanscismo autoriale, della presa di coscienza combat, della guerrilla (style) identitaria: Almanya è una commedia, in bilico tra East is East e gli on the road – soprattutto Im Juli, ma più pastorizzato - di Fatih Akin, intesa per divertire e commuovere tutti i palati, al netto degli snobismi cinefili.
Il formato è famiglia: gli Yilmaz, emigrati in Germania dalla Turchia negli anni '60, e arrivati alla terza generazione, con figli, nipoti, unioni miste, bambini in grembo, nostalgia dolcemente canaglia. E sacrifici, innanzitutto, quelli del patriarca Hüseyn, il milionesimo e uno immigrato su suolo teutonico: ora ha realizzato il sogno di prendere una casetta nella vecchia patria, e vuole portarvi tutta la famiglia, che opporrà ovvia resistenza. Vince lui, e nel viaggio al contrario si aprono i flashback della sola andata che fu: difficoltà e segreti, reminiscenze e speranze, frullati dalle Samdereli con un reagente chiave: che significa essere stranieri?
Domanda buona per i Gastarbeiters (lavoratori ospiti): “Volevamo dei lavoratori e sono arrivate delle persone”, disse lo svizzero Max Frisch, e le sorelle Samdereli ci mostrano come valesse pure in Almanya (Germania in turco). La risposta è convincente, ora si può riderne. E piangerne.