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Al progredire della notte (2025)
La metafonia è la pratica esoterica che consente di parlare con i morti: mettersi in comunicazione con loro, dialogare, chiedere consigli o rivelazioni sulla propria vita e quale direzione prendere. Tutto ciò, naturalmente, presuppone l’esistenza di un’altra dimensione, un livello superiore o inferiore al nostro, oppure parallelo, una sorta di limbo sovrannaturale dove i defunti non sono dissolti ma rimasti, trattenuti e in grado di risponderci. Attorno a questa idea è costruito il nuovo horror di Davide Montecchi, Al progredire della notte: una visione che confina con la necromanzia, con tutto quel cinema che si lancia nell’atto spericolato di evocare i morti (come già They Talk di Giorgio Bruno, ma il più potente degli ultimi anni è A Dark Song di Liam Gavin, irlandese, 2016). Montecchi invece è un regista emiliano, classe ‘81, che si è dimostrato tenace coltivatore del genere col debutto In A Lonely Place. È uno che non si arrende alla sistematica sottovalutazione dell’horror nel nostro Paese, che respinge la minorità, ci prova e ci riesce. Il punto della questione sta tutto nel come.
Se il cuore nero di Al progredire della notte è la comunicazione con l’oltretomba, vari altri motivi s’innestano nel racconto. A partire dall’inizio: Claudia (Lily Englert) è una splendida venticinquenne che vuole fare l’attrice ma soffre di gravi insicurezze, infatti la conosciamo mentre si presenta in camera provando a girare un video social contro la timidezza. Gliel’ha suggerito un uomo, Ludovico, che sarebbe un life coach ma in realtà è il suo master, visto che la domina con la scusa di superare le sue fobie; per noi è solo una voce al telefono, che sovrasta la ragazza e segna una critica a questi guru del contemporaneo. E se farsi spiegare come vivere fosse un film dell’orrore? A ogni modo, Claudia arriva in un centro desolato di sera, immerso nella nebbia, qui finisce ospite in casa di Letizia (un’ottima Lucia Vasini), una dolce signora con una particolarità: attraverso una strana radio artigianale ha l’abitudine di chiacchierare con gli estinti. Inutile aggiungere che la notte sarà molto pericolosa…
Davide Montecchi dichiara la sua ispirazione principale a Pupi Avati e Dario Argento. Se il primo si ritrova nell’incipit scolpito nella foschia, nella zona del gotico padano, l’ascendenza argentiana si riferisce non al giallo ma alla Trilogia delle Madri, chiaramente, visto che la padrona di casa è una mamma che racconta di una figlia lontana, e la protagonista si tocca il ventre che al cinema significa una sola cosa… Ma attenzione: se The Well di Zampaglione ha rievocato il gusto della macelleria del cinema di genere italiano, soprattutto nella sezione sotterranea, Al progredire della notte risveglia invece il lato più occulto e misterico, la componente dell’esoterismo. E lo fa – ecco il punto – non con una sterile nostalgia dell’horror storico, ma con uno sguardo squisitamente contemporaneo. Il regista si prende il suo tempo, avanza in modo grave e strategico, è appunto un progredire, a passo misurato e graduale finché si piomba nelle tenebre: assieme a Claudia si ha la sensazione di entrare lentamente in una stanza buia di cui non si trova l’interruttore. La luce è solo intermittente per mostrare a tratti cosa c’è all’interno, con la parzialità dell’immagine che aumenta il grado di inquietudine. Un uso dell’illuminazione che David Lynch amava, perché tracce di Lynch sono ovunque, nelle sequenze perturbanti degli horror in ogni parte del mondo.
Il film nella seconda parte cambia tema, ossia salda la metafonia alla maternità, che resta la forma di terrore più atavica per la donna, soprattutto quando si scopre che la figlia di Letizia non è davvero scomparsa… La messinscena sconta anche alcuni limiti, tra cui certi balbetti della diafana protagonista, ma riesce a impegnare bene il suo budget (circa 250mila euro) mostrando laddove si può, in caso contrario puntando sul non visto che è sempre più spaventoso dell’esplicito. Alla fine (no spoiler), interviene il trucco prostetico di Carlo Diamantini che rifiuta il digitale e la baracconata CGI, così all’ultima torsione Al progredire della notte si salda davvero con The Well che eseguiva la stessa pratica: due forme diverse di resistenza, anzi di esistenza nell’horror italiano di oggi.