Tempo di saghe, tempo di vampiri. Era inevitabile che a qualcuno venisse in mente di incrociare il filone alla Harry Potter con i vampiri, i mostri più in voga del decennio. L'occasione la offre la nuova epopea letteraria in dodici volumi di Darren Shan; il primo dei quattro film previsti, Cirque du freak (Aiuto vampiro) segue i primi passi del giovane Darren nel mondo dei diversi, e il suo diventare egli stesso un diverso. Capirà che si resta umani se si capisce chi si è, al di là di cosa si è diventati. Un messaggio semplice e universale, con annesso (trito) elogio del freak: Paul Weitz, regista e sceneggiatore assieme a Brian Helgeland, ironizza sugli archetipi e crea nuove fazioni di vampiri buoni e cattivi in una nuova definizione di Bene e Male. Ma il giovane Massoglia non è Daniel Radcliffe, e il film perde di vista il proprio intento primario: fare paura, anche solo un po'. Anche perché con Salma Hayek barbuta, l'impresa è ardua. L'odierno exploit vampiresco, da Twilight in poi (cioè in giù), poggia su un'idea sbagliata di divulgazione dell'horror incapace di far luce sul lato oscuro dello spettatore, e può solo togliere forza all'archetipo originale. Aiuto vampiro non fa eccezione.