Giorno 1. Giorno 3. 7 mesi. 13 mesi.

Sono i 4 episodi di Adolescence, la nuova miniserie britannica diretta da Philip Barantini, ideata e scritta da Jack Thorne e Stephen Graham, quest'ultimo anche tra i protagonisti del format.

L'uomo è Eddie Miller, idraulico, sposato e padre di due figli adolescenti, una femmina e un maschio. La loro vita sarà stravolta all'alba di una mattina come tante, quando la polizia capeggiata dall’ispettore Luke Bascombe (Ashley Walters) fa irruzione nell'abitazione e arresta il 13enne Jamie (Owen Cooper): l'accusa è agghiacciante, il ragazzo è il sospettato numero uno per l'omicidio di una coetanea, compagna di scuola, uccisa la sera prima con 7 coltellate.

Disponibile su Netflix, Adolescence è la (mini)serie del momento. Ma crediamo che sarà un "momento" più lungo delle consuete mode cotte e mangiate: gioiello di scrittura, di recitazione, di linguaggio, è ben al di sopra la media dei prodotti che riempiono le varie piattaforme, soprattutto per la capacità che ha di coniugare tensione drammaturgica e presa di posizione sulle immagini.

Proprio come nell'opera prima di Barantini (Boiling Point - Il disastro è servito, diretto nel 2021 e poi diventato una miniserie nel 2023), anche allora interpretato da Graham, la scelta radicale è ancora una volta quella di affidarsi al piano sequenza integrale (alla direzione della fotografia c’è sempre Matthew Lewis), che in questo caso viene adottato per ogni singolo episodio: al netto del virtuosismo in sé (la chiusura/uscita del secondo episodio, ambientato interamente dentro la scuola dell’accusato tre giorni dopo l’arresto, contrappuntata da una cover lancinante di Fragile di Sting, ricorda vagamente l’impossibile scena del funerale di Soy Cuba) non è difficile comprendere quanto l’assenza di stacchi ci costringa non solo a partecipare passivamente alla visione ma ad entrare letteralmente in un vortice angosciante, dentro l’abisso che separa le nuove e le vecchie generazioni.

Cr. Courtesy of Netflix © 2024
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Adolescence. Owen Cooper as Jamie Miller in Adolescence. Cr. Courtesy of Netflix © 2024 (Courtesy of Netflix )

E, allo stesso tempo, ad amplificare la miriade di punti di vista di tutti coloro che entrano ed escono dalla scena, dal ragazzino all’ispettore, dai genitori sconvolti alla sorella di Jamie, dagli amichetti dell’accusato al corpo docente della scuola, passando per il figlio dell’ispettore, anche lui in quella scuola e l’unico in grado di aprire gli occhi al padre sull’ipotetico “perché” di quel gesto così folle (sì, c’entrano i messaggi “in codice” a suon di emoticon su Instagram che noi boomer non saremo mai in grado di decifrare, neanche con l’aiuto da casa, teorie “Incel” e quant’altro…), poi la migliore amica della vittima o la psicologa Briony Ariston (Erin Doherty), di fatto protagonista assoluta insieme a Jamie del terzo episodio, tutto incentrato sull’ultimo colloquio tra i due e forse il frammento veramente epifanico, a suo modo violentissimo, dell’intera operazione.

Cr. Courtesy of Netflix © 2024
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Adolescence. Ashely Walters as Detective Inspector Bascombe in Adolescence. Cr. Courtesy of Netflix © 2024 (Courtesy of Netflix )

Che sa essere disturbante senza però ricorrere a banali colpi di scena o colpi bassi, anche perché pur partendo da un reale fatto di cronaca (“un ragazzo sospettato di aver accoltellato una ragazza”), Adolescence quel “fatto” lo risolve praticamente alla fine del primo episodio: la grandezza della serie è nello scavo conseguente, nell’indagine umanista del contesto, nel saper maneggiare il dramma del silenzio e dell’accettazione sociale, oltre al dolore della famiglia che razionalmente sa di non doversi, potersi incolpare, ma che emotivamente non potrà mai più riemergere da quel vuoto oscuro e incolmabile.

“I’m sorry son… I should’ve done better”.