Una volta si chiamavano eco-vengeance: i film dell’orrore in cui la Natura si ribella contro l’uomo, davanti alle umiliazioni inflitte decide di reagire e colpisce duro. Film come – a titolo di esempio - Frogs di George McCowan del 1972, cult dimenticato sulla rivolta delle rane assassine. Oggi le cose sono cambiate, nel senso che c’è una nuova apocalisse climatica non in divenire, ma già in atto; basta guardare qualsiasi notiziario, o tastare la temperatura delle nostre città, per verificare il disastro. Ecco perché è particolarmente inquietante Acid, il film di Just Philippot presentato fuori concorso a Cannes 2023 e in sala dal 4 luglio con Notorius Pictures. Perché inscena una pioggia acida che non è poi così lontana, anzi suona un passo di lato dal presente.

Siamo in Francia durante una fortissima ondata di calore. In premessa, però, c’è una deviazione: assistiamo a una dura protesta operaia che culmina in una repressione, lasciando il protagonista Michal (Guillaume Canet) con il braccialetto elettronico alla caviglia, ossia in libertà vigilata. Così all’inizio il racconto collega con intelligenza la crisi del lavoro alla crisi climatica, per suggerire che le nubi nere dell’oggi sono tutte intrecciate, gli anelli della tragedia collettiva si saldano tra loro. Poi si passa al vero fulcro del racconto. Michael è un uomo separato con una figlia quindicenne, Selma (Patience Munchenbach) e un rapporto difficile con l’ex moglie Elise (Laetitia Dosch), mentre tenta di costruire un nuovo amore con una donna ora in ospedale. La televisione trasmette foschi presagi: c’è una nuvola oscura che si avvicina al territorio transalpino e può portare una pioggia acida letale.

Tra scetticismo e timori, il fatto avviene davvero: comincia a piovere. E inizia così anche la fuga della famiglia, o meglio del nucleo disfunzionale, con Michael che va al recupero della figlia lontana e si ricongiunge anche all’antica consorte, chiamato così a comporre i contrasti per provare a sopravvivere. I tre, chiusi in un capannone, affrontano il loro survival. E poi c’è il “mostro”, cioè la pioggia acida, l’acqua che corrode: ci viene presentata in una sequenza impressionante col primo grande scroscio, le cui vittime sono animali e clochard non in grado di mettersi in salvo. Anche il massacro è questione di specie e di classe. Goccia a goccia, dunque, il suolo francese viene gradualmente eroso in una nemesi che rappresenta la fine della civiltà. Del resto Just Philippot, francese quarantenne, regista del suo tempo, era già stato chiaro nel precedente Lo Sciame, in cui le cavallette rifiutavano di essere il cibo di domani costituendosi in uno sciame vampirico. Acid è un passo ulteriore.

Il nucleo prosegue il suo movimento per non morire, ma arduo è sfuggire a un evento atmosferico, perfino peggiore degli uccelli hitchcockiani: non si può nulla contro la pioggia. Bisognava pensarci prima. La regia organizza il racconto con un ottimo senso del ritmo, grazie anche alle musiche di Rob, e nell’arco di novanta minuti dispiega un thriller incalzante, che nelle svolte narrative è particolarmente cattivo e spietato, d’altronde la situazione è molto grave. Lo sviluppo infine scivola troppo nel familismo, seppure disfunzionale, perdendo di vista l’orrore puro alla base in favore della dinamica sentimentale tutto sommato prevista. Ma anche così Acid arriva tosto e consapevole: sa bene che il clima oggi è il vero film dell’orrore.