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Acciaio
Dal libro al film, da Silvia Avallone a Stefano Mordini: Acciaio, sempre e comunque. Alle Giornate degli Autori, il fortunato romanzo arriva sullo schermo, con qualche sostanziosa modifica - meno spazio alle madri, più ad Alessio, e qualcos'altro che è bene eludere - ma senza tradirne il senso precipuo: la fine dell'innocenza, l'ingresso di due bimbe già grandi nell'orizzonte di senso e non senso degli adulti, su cui si staglia imperiosa la sagoma della fabbrica, che tutto può e poco, pochissimo concede.
Storia, dunque, di Anna (Matilde Giannini) e Francesca (Anna Bellezza), all'ultima estate prima del liceo o quel che sarà; storia del fratello di Anna, Alessio (Michele Riondino), operaio senza ambizioni, ma attaccato ai valori della fabbrica; storia di Elena (Vittoria Puccini), la ragazza che ha perduto, o forse no. E che ritrova in fabbrica, perché Piombino è quella fabbrica, l'acciaieria sole che non concede movimenti di rivoluzione, solo rotazione su se stessi, abbarbicati alla resa. La resa degli adulti, cui Anna e Francesca non si vorrebbero, non si vogliono arrendere.
Mordini sta attaccato alle sue due attrici esordienti, scovate bene, benissimo dopo un lungo casting: sono i loro corpi in shorts, stivali e toppini, i loro volti trasparenti a guidarci nell'inesorabile, super-ordinaria discesa verso un tracollo meccanico, metallico, che taglia la vita senza soluzione di continuità. Il dominus, non a caso, è il ciclo continuo dell'acciaio, la fabbrica e le sue tante, troppe disforie, con un indotto sterminato, sociologicamente invasivo e antropologicamente omnicomprensivo. Sono Anna e Francesca a farcelo conoscere per contrasto, nella loro comune volontà di resistere, sottrarsi, essere libere.
Ma molto è perduto, e basta guardare Alessio, che crede ancora nell'Amore e per questo si rassegna ai night, agli spettacolini dal vivo senza erotismo, e senza far niente, in attesa del desiderio, ovvero la fragile, tremebonda Elena. Mordini gioca qui la sua sfida empatica, puntando ai corpi, ai volti, ai piccoli, decisivi e insieme minimali accadimenti del quotidiano, il quotidiano coatto e cooptato dalla fabbrica. Un dramedy, affidato nelle mani delle due debuttanti e di Riondino che fa da fratello maggiore di nome e di fatto, facendo il secondo che non dimentichi.
Tutti a correre insieme, semplici e complici, verso la fine. O, per qualcuno, la possibilità di un'isola.