Ricordate il monologo di Gordon Gekko (Michael Douglas) in Wall Street? “Secondo me, o si funziona o si è eliminati […] Il punto è, signore e signori, che l’avidità, non trovo una parola migliore, è valida. L’avidità è giusta. L’avidità funziona. L’avidità chiarifica, penetra e cattura l’essenza dello spirito evolutivo”. Sostituite la parola “avidità” con bullismo e avrete l’esatto punto di vista di chi pensa che il sistema di sopraffazione (ritenuto sino a poco tempo fa inevitabile) sia un meccanismo utile per scremare i vincenti dai perdenti e per “rafforzare” il carattere di chi lo subisce, abituandolo a sopportare o a difendersi da solo.

E sarà proprio una nonna (figura parentale che, nel sentire comune, viene giudicata come la più protettiva, ma che, ovviamente, ragiona con la mentalità di un’altra epoca) a spiegare “l’efficienza” del bullismo (elemento “connaturato al sistema capitalistico competitivo”) in About Luis, acuta opera seconda di Lucia Chiarla, presentata in concorso alla Festa del Cinema di Roma 2024.

Può la persecuzione di un bambino arrivare a distruggere una famiglia? Lo scoprono, a proprie spese, Jens e Constanze (interpretati da Max Riemelt e Natalia Rudziewicz, entrambi bravissimi), una giovane coppia di genitori il cui figlioletto – il Luis del titolo – inizia a essere preso di mira dai compagni per via del suo zaino preferito, decorato con un unicorno di strass. Cosa fare? Obbligarlo a conformarsi? Spingerlo a reagire? Parlare con il preside? Cambiare scuola? Ma magari no, è tutto un malinteso e si stanno preoccupando per niente. In fondo ci sono questioni più gravi a cui pensare.

About Luis
About Luis

About Luis

(Anke Neugebauer)

Jens fa il tassista ed è costretto a lavorare a ogni ora, soprattutto di notte, per contrastare la concorrenza sleale delle app di trasporto. Costanze lavora come architetto per uno studio che non si decide ad assumerla: nella speranza che la situazione cambi, accetta orari impossibili e lavori last minute. Da problema trascurabile, la situazione di Luis (che, dal canto suo, rifiuta ostinatamente i compromessi prospettati dagli adulti) precipita. In ogni senso.

Regista e sceneggiatrice italiana trapiantata a Berlino, Lucia Chiarla trasforma il dramma familiare in un thriller dell’anima, dove l’angoscia sale insieme ai dubbi sulle proprie convinzioni etiche e genitoriali. Cruciale in questo processo è la scelta di rimanere focalizzati sul taxi di Jens (l’unico posto in cui lui e la moglie riescono a vedersi e parlare, fra uno spostamento e l’altro), lasciando fuori campo tutto il resto e non mostrando mai neppure il volto del bambino (di cui sentiamo solo la voce al telefono).

Pur non raggiungendo le vette di quella che probabilmente è la sua ispirazione primigenia (l’inarrivabile Locke di Steven Knight), About Luis ha il merito di mettere a fuoco una serie di problematiche di scottante urgenza senza scadere nel moralismo discalico e senza offrire facili risposte (per il semplice fatto che non esistono). In Germania uscirà a gennaio. Sarebbe buona cosa distribuirlo anche in Italia e, come già accaduto per La sala professori di İlker Çatak, renderlo oggetto di discussione.