La danza è sempre stato un archetipo nel cinema di genere. Una disciplina da frequentare, esaltandone la levità e l’aspetto sublime, per poi gettarla nel thriller e nell’horror, insomma nell’incubo: il Suspiria di Dario Argento resta l’incarnazione definitiva. Per questo non sorprende che Abigail, il nuovo film di Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett, inizi con una scena di ballo: la dodicenne Abigail, interpretata da Alisha Weird, sta eseguendo un frammento de Il lago dei cigni, avvolta dalla musica immortale di Tchaikovsky. In montaggio alternato, però, vediamo una donna col volto di Melissa Barrera, feticcio dei registi, che insieme ai complici sta organizzando il suo rapimento.

Il racconto parte dal sequestro della giovane, per poi cambiare faccia in modo repentino e spiazzante. I criminali non si conoscono e non sanno i loro nomi. Il piano, orchestrato da un capo anch’esso anonimo, prevede di tenere la bambina una notte chiedendo 50 milioni di riscatto, che verranno consegnati il giorno dopo dal facoltoso genitore, un potente boss della malavita.

Gli autori, Bettinelli-Olpin e Gillett, sono nomi nuovi nell’horror degli ultimissimi anni: vengono proprio dalla resurrezione di un archetipo, ovvero Scream 5 e Scream VI, dove si sono dimostrati abili nel manovrare stereotipi di genere, riscrivere luoghi e situazioni, raccogliendo perfino il testimone di Wes Craven. E il nuovo titolo, che serve per sganciarsi dalla saga di Ghostface, trae ispirazione dal cult primitivo La figlia di Dracula di Lambert Hillyer, 1936. Senza rivelare troppo, basta questo a suggerire la sfida al mito e il topos che si vuole manipolare. La piccola ha i canini pronunciati e la storia subisce un radicale rovesciamento: forse i rapitori non sono tali, forse non stanno lì per caso e forse è tutta una trappola…

Abigail
Abigail
Alisha Weir as Abigail in Abigail, directed by Matt Bettinelli-Olpin & Tyler Gillett. (Bernard Walsh/Universal Pictures)

Un personaggio, al sorgere della creatura, cita sia Anne Rice che True Blood: la scrittrice che ha attualizzato il vampiro nel tardo Novecento e la serie che ha riscritto il vampiro del Duemila. Chiara dunque la volontà di inserirsi nel genere per muovere un altro passo avanti. L’avanzamento di Abigail è già racchiuso nella sequenza iniziale, nel matrimonio di sangue tra il vampirismo e la danza. La pratica della protagonista non è solo un espediente narrativo, ma diventa gradualmente una vera e propria “danza del delitto”: il balletto si applica agli ammazzamenti, in modo sia letterale che metaforico, da una parte essa uccide a passo di danza, dall’altra la coreografia di ogni omicidio risulta studiata e dettagliata, senza nulla lasciato al caso.

Nella dimora del sequestro, dunque, va in scena uno slasher che passa per le morti più svariate, portando le pedine a una continua riconfigurazione di sé e del loro ruolo nella storia. Innescata la mattanza il film percorre l’automatismo di genere con la consueta girandola di uccisioni, non tutte allo stesso livello, ma i registi conducono il gioco con ritmo magistrale fino all’esplosione di violenza finale, esplicita e sopra il livello di guardia per una produzione commerciale.

Il film funziona a più livelli. La figura della piccola ballerina inamidata non sarà più la stessa, il cigno bianco si rivelerà nerissimo. Nella ridda dei comprimari menzione obbligatoria per Angus Cloud, star della serie Euphoria scomparso nel 2023 a venticinque anni, qui all’ultimo ruolo in questa dimensione dell’esistenza. A lui il film è dedicato.