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A l'origine
Dopo la positiva accoglienza de Il profeta di Jacques Audiard e, pur in tono minore, Les Herbes Folles di Alain Resnais, in proiezione stampa viene promosso anche il terzo transalpino in concorso a Cannes, A l'origine (In the beginning) del regista corso Xavier Giannoli: ma quanto avra' pesato la claque francese negli applausi in sala? Anche perche' l'entusiasmo pare difficilmente giustificato, eccetto per la storia: ispirato a un fatto di cronaca, il film segue la comedie humaine di un criminale di mezza tacca, appena uscito di prigione, che riesce con espedienti truffaldini a rimettere - letteralmente - in cantiere un progetto autostradale abbandonato (causa scarafaggi...). A farne le spese saranno gli abitanti della zona, conquistati da quell'insperata promessa di felicita', ma soprattutto lui stesso, nom de plume Philippe Miller (Francois Cluzet), progressivamente dilaniato dalla fiducia dei "bifolchi" e dall'amore del sindaco del paese, Stephane (Emmanuelle Devos, brava).
Con Gerard Depardieu nei panni, larghi, di un compagno di malaffare di Philippe, A l'origine prende dalla cronaca per strizzare l'occhio alla working-fiction del connazionaleLaurent Cantet (Risorse umane, A tempo pieno), il Costa Gavras di Cacciatore di teste e i fratelli Dardenne (protagonisti qui a Cannes di una toccante lezione di cinema): tutti termini di paragone a cui rimane di gran lunga inferiore. Con la crisi economica messa in campo a mo' di fondale per allodole, ovvero statico corollario, e il ricorso a controproducenti accelerazioni enfatiche (l'affair criminale con Depardieu, l'incidente sul lavoro del giovane Nicolas) o inserti metaforici (la caduta nel fango di Philippe, manco fosse il curato di campagna...), il gia' non esaltante Giannoli dimostra di credere poco nella parabola del truffatore prodigo, ed e' un peccato perche' proprio nell'adesione dura e cruda agli eventi avrebbe trovato, lui e noi, soddisfazione. Viceversa, A l'origine manda fuori giri emozioni posticce e si risolve in una mediocrita' stilistica che fa venire voglia di leggere gli incartamenti del magistrato, Laurent Leguevaque, che si occupo' del caso. Per riguadagnare il senso, se non il fascino, di una storia che il cinema di Giannoli male racconta.