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Camera con noia. L’abbiamo già visto, e fatto (assai) meglio. Tutto qui. Da Quentin Tarantino, con The Hateful Eight, e dallo stesso Drew Goddard, con Quella casa nel bosco.
Sceneggiatore di qualche valore, una nomination agli Oscar per lo script di The Martian, Goddard dirige l’opera seconda 7 sconosciuti a El Royale senza alcuna novità degna di nota, a partire dall’impiego della pellicola (vedi Tarantino), e con più di qualche difetto degno di reprimenda: il ritmo è assente, la noia regna sovrana, e i miscast si sprecano, dal guru Chris Hemsworth, che ha i muscoli ma non il carisma, all’anodina se non atona Dakota Johnson.
Ma che racconta Bad Times at the El Royale, apertura della tredicesima Festa di Roma, dopo aver inaugurato il Fantastic Fest negli Usa e San Sebastian in Spagna? Sette estranei, ognuno con segreti, bugie e omissis a iosa, si incontrano all’hotel eponimo, a cavallo tra California e Nevada: la notte buia e tempestosa come da copione non sarà consigliera, ma perigliosa assai, e l’input è una valigia piena di dollari nascosta sotto il pavimento di una camera.
Chi sono questi poco magnifici sette? Il prete – non prete Jeff Bridges, la silfide Cailee Spaeny, la canterina – tutti pezzi famosissimi, si dovesse mai rischiare - Cynthia Erivo, la sboccata Dakota, il capo setta Chris, il reduce del Vietnam Lewis Pullman, il venditore d’aspirapolvere Jon Hamm: li conosceremo meglio, senza che un filo d’interesse, un briciolo d’empatia, un “vediamo come va a finire” serpeggi in platea. Insomma, uno showdown senza show.
Bridges di gusto e sostanza, ma senza incantare, Hamm caduco, forse il migliore è Pullman, ma è una gara che non entusiasma: il bottino non vale il biglietto.