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Ivan e Chiara giungono sull’isola di Levanzo per organizzare il matrimonio di Richard, fratello di lui, e di Francesca, migliore amica di lei. Nonostante una conoscenza segnata da un’ostilità iniziale, Ivan e Chiara cedono presto all’attrazione reciproca, ma hanno solamente una settimana di tempo prima dell’arrivo degli altri invitati e del momento in cui entrambi dovranno riprendere il proprio ruolo e tornare alle rispettive esistenze.
Su questa traccia di plot che sembra non distaccarsi molto dall’esile trama di decine e decine di film sentimentali, il regista svizzero Rolando Colla (qui anche autore della sceneggiatura e, sorprendentemente, persino del montaggio) costruisce un’opera con l’ambizione di scavare a fondo nelle dinamiche dei rapporti di coppia, tenendosi opportunamente alla larga dagli stereotipi del genere.
L’isola di Levanzo, autentico protagonista del film con i suoi silenzi e le sue atmosfere crepuscolari, si erge come microcosmo catalizzatore di eventi inattesi, piccolo eden mediterraneo in cui è possibile scrollarsi di dosso le ipocrisie e le miserie della vita “borghese” e “continentale”; a tutto ciò si aggiunge l’indubbio merito della regia che evita ogni fascinazione paesaggistica da cartolina e ama procedere per sottrazione.
Non tutto è a fuoco, ben inteso: certi giri a vuoto di sceneggiatura e diversi passaggi risolti in maniera sbrigativa e schematica (il passato incombente dei due protagonisti, ad esempio, non convince), lasciano un po’ l’amaro in bocca per il senso di incompiutezza. Sette giorni, a ogni modo, rimane un lavoro a tratti suggestivo e che, per una volta, dà pane al pane, parlando di amore tramite un erotismo che non è mai patinato né ridicolo. Menzione finale per i due protagonisti, Bruno Todeschini e Alessia Barela, che lasciano il segno grazie a un’interpretazione sofferta e intensa.