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Igort debutta alla regia, e sceglie per farlo 5 è il numero perfetto, tra i suoi graphic novel più celebri e di maggior successo. E dopo aver arricchito il suo immaginario, e il suo stile nel ritrarlo, tra Francia e Oriente, il suggestivo palcoscenico del suo esordio sul grande schermo, in concorso alle Giornate degli Autori di Venezia76, è una cupissima Napoli noir.
Ancora netta, la deformazione professionale per la vignetta: panoramiche o dettagli in apertura di sequenza, tensione dinamica tra campi lunghi e primi piani, lenti movimenti di macchina e fotografia dai colori empatici (non a caso le lunghe piogge, da notte buia e tempestosa).
Nel prezioso gioco di contrasti, ombre e lampi, la voce di Toni Servillo accompagna la narrazione, e meglio quando da fuori campo. Carenze, infatti, emergono nell’azione “dal vivo”: prevedibili le svolte iniziali, poi coreografia e rallenty prevalgono sulla sensazione di pericolo. Il film si lascia contemplare, ma quasi mai invadere.
La guida tutelare vorrebbe essere Sin City (il fumetto, non il film), edulcorata dal racconto francese e giapponese. Si produce quindi un equilibrio delicato. Gli stessi comprimari, Golino e Buccirosso, sono eclissati dal protagonista: i 5 capitoli compongono il suo monologo.
Nei suoi occhi stanchi, dietro al naso gobbuto, il conflitto è attutito da una patina di malinconia: quella del neoregista a consegnarsi al mondo del cinema, o quella del killer a lasciar andare il passato? Un’eredità dolceamara che, nonostante i difetti, si distingue dal resto e dal solito. Forse 5 non è il numero perfetto, ma ha potenziale.