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Kasia Smutniak in una scena di 3/19
Mettere al centro del racconto la donna: un imperativo che il cinema italiano contemporaneo cerca di fare suo non senza fatica, visto che la produzione è stata e continua a essere ancorata a protagonisti prevalentemente maschili. Ragioni di botteghino, si dice, ma gli incassi di Paola Cortellesi non a caso autrice dei suoi film sono lì a smentirlo.
Con slancio sincero, ci prova Silvio Soldini a ribaltare i giochi con un’opera drammatica legata alle vicende di un’avvocatessa di successo, cui presta il volto una Kasia Smutniak decisamente in parte. Al vertice in uno studio specializzato in acquisizioni societarie e affari internazionali, la quarantenne Camilla dimostra sul campo di aver un gran fiuto, una indubbia preparazione e una spiccata capacità di analisi.
Silvio SoldiniQualità che non sempre bastano per raggiungere la vetta in una società dominata dai maschi, infatti anche nel suo caso non bastano. Nella migliore delle tradizioni il capo si appropria delle sue idee e la accusa di scarso spirito aziendale se si lamenta, così il piede resta inevitabilmente sospeso sull’ultimo gradino che porta alla meta.
E poi ci sono i problemi con la figlia e la relazione ipocrita con un collega a insinuare un certo disagio anche nella sfera personale. Come spesso avviene a imporre una sterzata arriva il destino: una sera di pioggia, un incidente con una moto le cambia la vita. Un ragazzo muore e da quel momento Camilla non sarà più la stessa.
Cammino verso la verità - il giovane non ha documenti ma sembra un clandestino con molto da nascondere -, e insieme viaggio dentro se stessi, 3/19 è il classico film che fa dell’introspezione la propria cifra narrativa, puntando a smascherare attraverso il travaglio della protagonista i malesseri che si annidano nella società.
Ansie e turbamenti che in un primo momento sembrano non intaccare Camilla se non nella voglia di emergere, man mano invece si scoprono ben più radicati nel profondo e soprattutto travolgenti. Il desiderio di dare un nome alla vittima sconosciuta procede di pari passo con la necessità personale di recuperare una vera identità, riappropriandosi di un’esistenza vissuta a viso scoperto senza maschere ad annullare emozioni e sentimenti.
Silvio Soldini ci ha abituato ai film che parlano dell’animo delle persone prima che dei mondi che attraversano, sulle quali ha sempre puntato uno sguardo mai giudicante, e pure in questa occasione non si smentisce.
Segue passo passo il tragitto verso il cambiamento della protagonista, mettendo in evidenza i punti di rottura e quelli di rinnovamento. Camilla è in cammino e il regista con lei, fianco a fianco in una elaborazione della crisi che la investe mettendo a repentaglio qualsiasi certezza, soprattutto se falsa.
Diversamente da altre opere però, stenta a giocare le carte dell’empatia lavorando più sull’osservazione. Come un entomologo studia personaggi e ambienti applicando una distanza che non sempre giova al film.
Un punto di vista che si traduce in una certa freddezza delle inquadrature e dei dialoghi, mentre sul piano narrativo in un eccesso di programmaticità. Alcuni sviluppi appaiono scontati per manifesta prevedibilità, tra questi l’evoluzione della storia con il direttore dell’obitorio così distante da lei e la scoperta del mondo del sociale. Mentre resta interessante lo sforzo di disegnare una figura femminile non scontata, fuori dagli schemi per censo e capacità professionali.