Tra i rifiuti di New San Francisco (la nuova capitale delle Americhe) spunta anche una copia dell'autobiografia di Malcolm X.

Ghost (Samantha Morton) la raccoglie, insieme ad altri rottami che potrebbero tornare utili per lei e per chi, come lei, si nasconde tra le rovine di un centro commerciale abbandonato.

Siamo nel 2073, 37 anni dopo "L'Evento". Il mondo non è più come lo conosciamo.

È solamente un assaggio del mondo che verrà, secondo Asif Kapadia: il regista britannico, già premio Oscar per il doc su Amy Winehouse, celebre per i ritratti di Senna e Diego Armando Maradona, porta Fuori Concorso - Non Fiction a Venezia 81 questo strano oggetto a metà strada tra documentario e sci-fi.

Documentario lo è quando dal 2073 di partenza si torna indietro nel tempo, agli anni '90, ai primi Duemila, ai giorni nostri, per (ri)mostrarci il percorso - sociale, politico, tecnologico - che ci ha fatto arrivare dove siamo oggi; sci-fi e distopia post-apocalittica, invece, regolano l'apparato dove si muove Samantha Morton (che in un flashback onirico rivede addirittura se stessa ai tempi di Minority Report), ingabbiata in un mondo controllato da ultraliberisti, dittatori e tecnogeek. Il dissenso viene represso con la forza, la libertà è un concetto che non esiste più. Ma come si è arrivati a tutto questo?

2073 di Asif Kapadia
2073 di Asif Kapadia

2073 di Asif Kapadia

Kapadia decide di realizzare questo "monito" durante i giorni della Brexit nel Regno Unito: "Menzogne e corruzione hanno portato a questo e ho sentito il dovere di fare un film per capire perché il mondo sembrava muoversi nella direzione delle bugie, dell’autoritarismo e della violenza".

Per questo, nell'apparato documentaristico di 2073 vengono coinvolte tre giornaliste investigative fortemente osteggiate in varie parti del mondo, Rana Ayyub (che ebbe non pochi problemi con il presidente delle Filippine, Duterte), Maria Sessa e Carole Cadwalladr del Guardian, che svelò lo scandalo di Cambridge Analytica.

Il flusso di informazioni, l'incastro tra le immagini di repertorio e le interviste conducono ad un unico sentiero: in tutto il mondo la tendenza globale è quella di un indebolimento della democrazia, fenomeno in larga parte accelerato dall'espandersi di nuove forme di tecnologia, IA su tutte, processo che appare ormai non più arginabile e portato avanti senza alcuno scrupolo dai vari tecnoliberisti che - con il loro potere e la loro sconfinata ricchezza - decidono di fatto le sorti del pianeta (si pensi ad esempio a Elon Musk, che proprio ieri sul suo X tesseva le lodi di Milei in Argentina e, pochi giorni, prima ha dato vita al dialogo con Trump, in piena corsa alle presidenziali USA).

Il senso di 2073 – che non dimentica anche la crisi climatica – è tutto qui, in fondo, e probabilmente sarebbe bastato soffermarsi solamente sull'aspetto documentaristico a scapito della linea narrativa finzionale, fantascientifica, che poi dà il titolo all'operazione: perché in fondo la distopia è già qui, nel nostro presente.

E immaginare come saremo, come sarà tra 50 anni è esercizio forse sin troppo ottimistico.