Basato su un racconto di Stephen King, 1408 è il terzo lungometraggio del regista danese Mikael Håfström, dopo il debutto hollywoodiano Derailed e il patrio Evil, candidato agli Oscar nel 2006. Protagonista è lo scrittore di libri horror Mike Enslin (John Cusack), scettico convinto di fronte a supposti fenomeni paranormali. Fino a quando, nonostante l'opposizione del direttore dell'albergo (Samuel L. Jackson), entrerà nella famigerata stanza 1408 del Dolphin Hotel di New York. Thriller ad alto voltaggio fantasmatico, horror morale formato famiglia, 1408 si pone sulla scia di Hostel, Vacancy e altri analoghi stagionali ambientati in hotel-motel-ostelli. Ma è unicamente affinità d'habitat: lontano dalle coordinate politiche del neo porno-horror, poco attratto dagli eccessi ematici del genere, 1408 riporta lo spettatore alla claustrofobia psicologica di Shining, privilegiando lo strazio introspettivo alla centrifuga della violenza esibita. Pur sovraccarico di effetti speciali, il film riesce a guadagnarsi una dimensione non pletorica di Kammerspiel degli orrori, grazie all'interpretazione di Cusack, misurato e credibile nei panni del romanziere ghostbuster. Ma non basta: dilatato allo spasimo su 104', farraginoso nei cortocircuiti temporali, didascalico e prevedibile nel background familiare di Eslin, 1408 paga dazio alle sue stesse ambizioni autoriali. E finisce per essere ancor più evanescente dei fantasmi che insegue.