Seconda Guerra Mondiale, 1943, nella Polonia occupata dai Nazisti. Leopold Socha è un operaio che lavora nella rete fognaria di Lvov e che non esita a mettere in pratica piccoli furti ed espedienti per garantire la sopravvivenza a se stesso e alla sua famiglia. Un giorno, durante il suo lavoro, Leopold si imbatte in un gruppo di ebrei rifugiati nelle fogne e accetta di aiutarli a rimanere nascosti in cambio di un compenso. Quello che inizia come un semplice accordo commerciale, si trasformerà in 14 mesi di disperata e pericolosa lotta per la vita...
SCHEDA FILM
Regia: Agnieszka Holland
Attori: Robert Wieckiewicz - Leopold Socha, Benno Fürmann - Mundek Margulies, Agnieszka Grochowska - Klara Keller, Maria Schrader - Paulina Chiger, Herbert Knaup - Ignacy Chiger, Marcin Bosak - Yanek Weiss, Julia Kijowska - Chaja, Jerzy Walczak - Jacob Berestycki, Oliwier Stanczak - Pawel Chiger, Milla Bankowicz - Krystyna Chiger, Krzysztof Skonieczny - Szczepek, Kinga Preis - Wanda Socha, Michal Zurawski - Bortnik, Olek Mincer - Szlomo Landsberg, Piotr Glowacki - Icek Frenkiel, Maria Semotiuk - Mania Keller, Zosia Pieczynska - Stefcia Socha, Etel Szyc - Szona Grossman, Andrzej Mastalerz - Sawicki, Ida Lozinska - Rachela Grossman, Benedikt Crisand - Daniel, Frank-Michael Köbe - Wilhaus, Alexander Levit - Kovalev, Laura Lo Zito - Irena, Anielka Nykowska - Anielka
Soggetto: Robert Marshall - libro
Sceneggiatura: David F. Shamoon
Fotografia: Jolanta Dylewska
Musiche: Antoni Komasa-Lazarkiewicz
Montaggio: Michal Czarnecki
Scenografia: Erwin Prib
Costumi: Katarzyna Lewinska, Anna Jagna Janicka
Durata: 145
Colore: C
Genere: DRAMMATICO GUERRA
Specifiche tecniche: 35 MM
Tratto da: libro "In The Sewers of Lvov" di Robert Marshall
Produzione: SCHMIDTzKATZE FILMKOLLEKTIV, STUDIO FILMOWE ZEBRA, THE FILM WORKS
Distribuzione: GOOD FILMS (2013)
Data uscita: 2013-01-24
TRAILER
NOTE
- PRODUZIONE CO-FINANZIATA DAL POLISH FILM INSTITUTE, CON IL SUPPORTO DI MDM, MEDIENBOARD BERLIN-BRANDENBURG, FFA, DFFF, HESSEN INVEST FILM, STUDIO BABELSBERG, CINEPOSTPRODUCTION, CINEGATE, FILMISSIMO, THEATRE D DIGITAL, ASTRAL MEDIA, THE HAROLD GREENBERG FUND, ROGERS TELEFUND, CANADIAN HERITAGE, ONTARIO MEDIA DEVELOPMENT CORPORATION.
- CANDIDATO ALL'OSCAR 2012 COME MIGLIOR FILM STRANIERO.
CRITICA
"Agnieszka Holland, regista di Varsavia allieva di Forman ma che poi ha preferito il muscoloso realismo di Wajda, offre un documento impressionante, reale storia di un operaio che prende coscienza dell'orrore della persecuzione aiutando nel '43 un gruppo di ebrei nascosti nel sottosuolo fognario polacco. Girato in claustrofobia stretta ma nella certezza che si sopravvive anche in darkness se si ha forza morale, il film è una utile lezione antirazzista da diffondere non solo tra i giovani." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 24 gennaio 2013)
"Dagli abissi della Shoah continuano a emergere storie terribili come antichi miti. Miti per l'incredibile concentrazione di senso, per il miscuglio di fatalità, dolore e terrore che li permea da cima a fondo, non certo perché frutto di fantasia. Eppure talmente forti da evocare risonanze appunto mitiche, anche nella loro rappresentazione, benché tutti calati in una precisa realtà storica. 'In Darkness', della polacca Agnieszka Holland, da una storia vera sceneggiata dal canadese David F. Shamoon (figlio di ebrei irakeni fuggiti da Bagdad), appartiene a questa nuova ondata di film sulla Shoah. Più esigenti e consapevoli di una volta, e destinati a spettatori altrettanto esigenti. Dunque capaci di sopportare non solo gli orrori sullo schermo ma la perdita di ogni certezza e consolazione drammaturgica. (...) Un grande film, specie se visto in originale, da cui si esce stremati e riconoscenti." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 24 gennaio 2013)
"'In Darkness' della polacca Agnieszka Holland è un film che mette alla prova lo spettatore e si sottrae ai rischi di ritualità cui purtroppo anche la coscienza e la memoria della Shoah sono esposte (...). La scelta di stile, radicale, è quella di condividere la condizione angosciosa di un gruppo di ebrei di Leopoli che per più di un anno trovano rifugio nelle fogne con la complicità dapprima pagata e poi gratuita e rischiosa di un operaio e ladruncolo polacco - si chiamava Leopold Socha e la sua è una storia vera come quella di Schindler: oggi il suo nome figura tra i 'Giusti' dichiarati da Israele - e dà al film un'impronta molto forte. Assolvendo, attraverso un racconto tesissimo, non tanto a un compito didascalico, ma a quello di tenere viva la consapevolezza di quanto accaduto mettendo a nudo senza sconti l'oscuro mistero - nel male, ma anche nel bene - dei comportamenti umani in condizioni estreme." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 24 gennaio 2013)
"II titolo 'In Darkness' del film di Agnieszka Holland - che non a caso esce in Italia a ridosso del Giorno della Memoria (il 27 gennaio) - allude sia alle tenebre del Male, ovvero alla tragedia dell'Olocausto; sia all'oscurità dei labirinti fognari della cittadina di Lvov, dove nel 1943 si nasconde per 14 mesi un piccolo gruppo di ebrei del ghetto in cerca di scampo dai nazisti. Li scova Leopold Socha, un operaio che arrotonda il salario rubacchiando qua e là, il quale dapprima offre aiuto in cambio di denaro, poi siccome di fondo è un brav'uomo si coinvolge nel loro dramma, rischiando non poco per proteggerli e salvarli. Una specie di figura alla Schindler (uno dei 6000 polacchi riconosciuti come 'Giusti tra le nazioni') che la Holland, cineasta polacca residente da anni in Usa, rievoca sulla base del libro 'Nelle fogne di Lvov' di Robert Marshall in una pellicola dalle livide atmosfere. In gran parte ambientato nel buio pesto dei sotterranei spezzato dai provvisori fasci di luce delle lanterne, 'In Darkness' è anche una dolente elegia dei contrapposti istinti di sopravvivenza e solidarietà insiti nella umana natura. Bravi gli attori a partire da Socha/ Robert Wieckiewicz, peccato per un finale che arriva un po' troppo sbrigativo." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 24 gennaio 2013)
"Il titolo, 'In Darkness', per un verso è realistico, per un altro è anche allegorico perché la vicenda si svolge quasi per intero nell'oscurità della rete fognaria di Leopoli fra il '43 e il '44, ma i tempi sono quelli in cui l'orrido buio dei delitti nazisti oscurava l'umanità e la morale. (...) Fino all'arrivo dei Russi, con la possibilità per gli Ebrei di uscir fuori finalmente alla luce. Mentre più tardi, Socha, morto perché investito da un'auto, verrà annoverato con la moglie fra i tanti 'Giusti di Israele' che hanno salvato gli Ebrei dai nazisti... Alla base, un libro tutto dal vero di Robert Marshall 'Nelle fogne di Lvov', e cioè di Leopoli, sceneggiato da un abilissimo David P. Shamoon e risolto dalla regia di Agnieszka Holland con la vitalità e la forza di immagini quasi sempre buie, con i personaggi ripresi spesso da vicino, affidando a un seguito di facce rappresentate con molto realismo quel collettivo alternarsi di angosce, di attese, di speranze fragili, mentre i ritmi che le avvolgono, portando avanti l'azione fra tensioni e incubi, si fanno via via sempre più serrati. Fino a prendere alla gola. Fra i tanti interpreti, nessuno con personaggi retoricamente inseriti tra i 'buoni', il meno 'buono' di tutti e pur alla fine 'Giusto', Robert Wieckiewicz, notissimo in Polonia." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 24 gennaio 2013)
"Il cinema internazionale torna a raccontare episodi fino ad ora sconosciuti della persecuzione contro gli ebrei durante la seconda guerra mondiale e si immerge nella rete fognaria di Leopoli, a quei tempi dentro i confini straziati della Polonia. Agnieszka Holland dirige 'In Darkness', da un libro di Robert Marshall 'Nelle fogne di Lvov' storia vera di Leopold Socha (Robert Wieckiewicz, ha debuttato in Peniyydurkedi Skolimowski) operaio delle fogne che adopera anche come nascondiglio per le sue refurtive di ladruncolo e che in cambio di denaro accetta di nascondere un gruppo di ebrei fuggiti dal ghetto, tra le arcate buie e i liquami a rischio della sua vita. (...) La capacità incomparabile del cinema polacco di rendere le sale cinematografiche assemblee allargate di discussione emergerà anche negli anni successivi (quelli dello stato di guerra a partire dall'81), quando diventa palese che nazisti e campi di concentramento e tutto quanto successe a partire dal fatidico '39, anno dell'invasione della Polonia, raccontano un altro tipo di occupazione e di pesante di ingerenza nella vita del paese. (...) La produzione avrà dovuto fare i conti con la determinazione della regista, decisa a girare il film non in lingua inglese, ma mantenendo tutti i diversi linguaggi che si incrociano, dall'ucraino, al polacco specifico di Leopoli, al tedesco - tutte raffinatezze che non riguardano il pubblico italiano - e in più a dilatare il racconto il più possibile, per dare la netta sensazione di emergere infine all'aperto, quasi senza fiato." (Silvana Silvestri, 'Il Manifesto', 24 gennaio 2013)
"Rigoroso, d'impostazione narrativa classica dove il respiro d'osservazione non esclude l'attenzione al dettaglio, 'In Darkness' ricostruisce un'odissea esistenziale dallo sguardo plurale, e dunque ben documentato. L'inevitabile impatto emotivo di alcune sequenze («chi potrà mai volere un bambino ebreo?» si chiede impietosita la moglie cattolica di Socha davanti a un parto avvenuto nelle fognature) non scivola mai in retorica. Socha, dichiarato 'Giusto' dalla comunità ebraica, fu uno dei tanti 'Schindler' che si adoperarono contro la Shoah." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 24 gennaio 2013)
"Piacerà a chi non è ancora stanco di vedere sullo schermo le storie di Olocausto. Questa è molto ben raccontata, dalla regista polacca di 'Giardino segreto' la migliore allieva di Andrzej Wajda. Occhio, potrebbe vincere l'Oscar per la pellicola straniera, per via della corsia preferenziale che Hollywood da sempre accorda alle opere olocaustiche." (Giorgio Carone, 'Libero', 24 gennaio 2013)
"In occasione della Giornata della Memoria giunge anche nelle sale italiane l'intenso film "In Darkness", diretto dalla regista Agnieszka Holland, che racconta la storia vera di Leopold Socha, operaio del sistema fognario e ladruncolo di Lvov (Leopoli), nella Polonia occupata dai Nazisti, il quale, spinto dagli eventi, si ritrovò a salvare la vita di alcuni ebrei. Una piccola luce nel buio della Shoah che questo bel film riaccende senza cadere nella retorica e senza indulgere alla facile commozione. La regista, infatti, pur risparmiandoci l'orrore che ben conosciamo, restituisce con bravura la durezza di quel periodo di barbarie, mostrandoci l'umanità del tempo, con le sue ambiguità, con i suoi alti e bassi. Uomini e donne capaci di gesti orribili ma anche di atti di generosità e di coraggio. Eroici, si potrebbe dire; di quell'eroismo che può nascere dal caso, da una circostanza inattesa, che pone di fronte a una scelta di vita o di morte.(...) Grazie a una sceneggiatura misurata, senza cadute né eccessi, e a una fotografia livida e claustrofobica, che dà conto dell'oscurità del titolo e delle impossibili condizioni di sopravvivenza tra sporcizia e topi, il film parla dunque di un piccolo gruppo di persone alle prese con una situazione disperata. Tutti sono presentati nella loro umanità imperfetta. Anche le persone che Leopold salva. La paura, un innato egoismo che le circostanze accentuano, le rendono complesse e difficili, talora insopportabili e pericolose. Ma sono persone reali, donne, uomini e bambini. E molto più efficacemente di quanto avverrebbe attraverso una loro idealizzazione in quanto vittime, sono proprio le imperfezioni a dare valore alla loro disperata rivendicazione a rimanere vive. Anche Leopold Socha è imperfetto. Apparentemente è un brav'uomo, un padre di famiglia come tanti, ma è anche un ladruncolo e un truffatore, religioso (cattolico non privo di pregiudizi verso gli ebrei) e immorale allo stesso tempo; forse - come dice la regista - è solo un uomo qualunque, che vive tempi terribili. Non c'è nulla di sentimentale nel suo itinerario. Ed è questo aspetto che "In Darkness" - candidato all'Oscar nel 2012 per la Polonia come miglior film straniero - riesce a rendere in maniera chiara e credibile. Tanto che alla fine non meraviglia il suo gioioso grido liberatorio, di fronte alla piccola folla radunatasi in strada a ridosso del tombino dal quale escono, dopo 14 mesi trascorsi nelle fogne, le persone che ha salvato: «Questi sono i miei ebrei. Il mio lavoro». Leopold Socha morì il 12 marzo 1945, nel tentativo di salvare la figlia da un mezzo militare russo impazzito. Al funerale qualcuno commentò: «Dio lo ha punito per aver salvato gli ebrei». Gli ebrei oggi lo onorano nel giardino dei Giusti, insieme con la moglie Wanda che lo aiutò nell'impresa." (Gaetano Vallini, "L'Osservatore Romano", 29 gennaio 2013)