Un medico, che intende incrociare ratti e scimmie nel laboratorio installato in un'isola dei Caraibi, è riuscito a creare un mostriciattolo: una specie di umanoide alto quaranta centimetri, che ha muso di topo e i cui graffi sono mortali. Scappato dalla gabbia il mostriciattolo incomincia ad uccidere: la prima vittima è Marlis, una top-model, arrivata sul posto con un fotografo ed una compagna di lavoro. Del suo corpo viene fatto scempio in una casa abbandonata e la polizia locale pensa ad un delitto per motivi rituali ad opera di qualche indigeno. Per indagare giunge nell'isola la sorella Terry (ma all'obitorio scopre che la defunta non appartiene alla propria famiglia) e nelle ricerche l'aiuterà Fred, scrittore di libri gialli conosciuto all'aeroporto e ora interessato all'intricata matassa. I due si addentrano nella boscaglia, dove intanto circolano il fotografo con la modella. Poi si scopre un altro cadavere, orrendamente sfigurato dagli artigli del mostro. Ad uno ad uno muoiono non solo il fotografo e la modella, ma anche l'assistente del medico e pure quest'ultimo. All'aeroporto la giovane Terry si imbarca per tornarsene negli Stati Uniti. Ha con sé anche una sacca da viaggio. E il mostro ripugnante, che era stato ritenuto morto e invece negli stessi uffici della polizia aveva fatto fuori un'impiegata, si scatenerà a bordo dell'aereo.
SCHEDA FILM
Regia: Anthony Ascot
Attori: Janet Agren - Terry, David Warbeck - Fred, Eva Grimaldi - Marlis, Werner Pochath - Mark, Luish Menon - Peggy, Jose Reies, Pepito Guerra, Ana Silvia Gruyllon, Nelson De La Rosa, Victor Pujols
Soggetto: Dardano Sacchetti
Sceneggiatura: Dardano Sacchetti, Elisa Livia Briganti
Fotografia: Roberto Girometti
Musiche: Stefano Mainetti
Montaggio: Vincenzo Tomassi
Altri titoli:
THE RAT MAN
Durata: 82
Colore: C
Genere: HORROR
Specifiche tecniche: PANORAMICA
Produzione: FULVIA FILM ROMA
Distribuzione: FULVIA FILM (1988) - AVO FILM, PLAYTIME
CRITICA
"Vai in vacanza al cinema. Potrai così provare l'emozione di farti trasportare ai Caraibi, dove uno scienziato pazzo ha creato un ibrido ratto/scimmia, un esserino aggressivo, sanguinario e venefico che per tutto il film fa strage di chiunque gli capiti a tiro. Vai in vacanza al cinema. Potrai così cavarti il gusto di vedere un film che è al di sotto del minimo livello accettabile di professionalità, a cominciare dal soggetto, per continuare con la strutturazione della sceneggiatura, con la recitazione, con il tono delle riprese e le scansioni del montaggio, per finire con il rapporto musica-immagini. Vai in vacanza al cinema. Sappi però che c'è in giro di tutto, dal film per i quali vale la pena di farsi le ferie in città a quelli che passano d'estate perché sarebbe troppo impudente (oltre che imprudente) presentarli nelle altre stagioni. Sappi anche che 'Quella villa in fondo al parco' appartiene a questa seconda categoria, anche se ti viene offerto alle stesse condizioni di un film, diciamo così, normale. Buona vacanza." ('Bergamo Oggi', 6 Agosto 1988)
"Un biochimico accademicamente fallito è riuscito a ottenere, per premio alle sue ricerche solitarie, l'incrocio tra un ratto e una scimmia: pericolosissimo, perché uccide fulmineamente col veleno delle unghie e dei denti. E' questa la sola invenzione di 'Quella villa in fondo al parco', mal secondata dal contorno, una volta che l'ibrido fugge e prende a uccidere, seguendo la troupe di un fotografo e due modelle. La prima, è già caduta quando i superstiti s'inoltrano nella giungla, alla ricerca di luoghi suggestivi; con l'animale alle calcagna arrivano all'abitazione dello scienziato, dove avviene la strage riparatrice. Non è finita qui: il mostro - un indio nano, dal volto spaventevole - prosegue la sua ventura omicida a bordo di un aereo in volo, raccolto e spedito maldestramente con gli effetti personali di una delle vittime. Dall'improbabile intreccio, ai personaggi e alle situazioni, niente ha carattere: neanche l'animale, che uccide in un anonimato al quale la sua origine gli avrebbe pure permesso di sfuggire." (Fabio Bo, 'Il Messaggero', 13 Agosto 1988)
"Ha un senso per gli spettatori che amano il brivido perverso e sottile dell'horror autentico suggerire che molto dipende dall'ibridazione clamorosa del ventre d'una scimmia con il seme d'un topo? E che t trucchi all'italiana non ricordano nemmeno lontanamente le fabbriche degli effetti e delle illusioni di marca hollywoodiana? Girato alla meglio con una netta economia di tempo e di materiale, 'Quella villa in fondo al parco' richiama nel titolo ma non nelle emozioni altri piccoli gioielli del genere orrifico. Va da sé che chi ha stipulato un contratto con un'impresa di derattizzazione, all'uscita del film telefonerà agli addetti per sollecitare le disinfestazioni. Anche in questo consiste il rilievo sociale del cinema." ('La Stampa', 1 Giugno 1988)