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Gianfranco Rosi - Foto Karen Di Paola
Gli Oscar sono lontani, ma i giochi sono aperti da un po’. Al momento sappiamo che le candidature saranno svelate il 15 marzo e che la cerimonia di premiazione è prevista per il 25 aprile 2021. Come ogni anno l’Academy ha invitato i paesi di tutto il mondo a presentare un rappresentante nazionale per concorrere come miglior film internazionale, che dalla passata edizione è la nuova denominazione della categoria del miglior film straniero.
Qualche nota tecnica. Sono ammessi tutti i film prodotti in territori non statunitensi e distribuiti nelle sale dei rispettivi paesi tra il 1° ottobre 2019 e il 31 dicembre 2020. Naturalmente un film di produzione non statunitense che non è stato proposto dal rispettivo paese può concorrere in tutte le altre categorie degli Oscar, purché distribuito sul territorio americano secondo i criteri previsti dal regolamento (per esempio: niente vieta a Sophia Loren di essere nominata come miglior attrice per La vita davanti a sé, produzione italiana distribuita in tutto il mondo da Netflix). Per la prima volta partecipano tre paesi: Lesotho, Sudan e Suriname. Per la prima volta, la votazione preliminare per il miglior film internazionale sarà aperta a tutti i membri votanti dell’Academy.
In un anno così dirompente, la partita per il miglior film internazionale si fa aperta e sorprendente. Se l’Italia ha scelto Notturno (puntando ancora una volta su Gianfranco Rosi, il cui Fuocoammare, presentato per la selezione del miglior film straniero, fu candidato come miglior documentario) gli altri paesi cosa fanno?
Quo vadis, Aida? di Jasmila ŽbanićDall’ultima Mostra di Venezia ecco le proposte di Bosnia-Erzegovina (Quo vadis, Aida? di Jasmila Žbanić, una delle tante registe in gara favorite per un ingresso nella cinquina finale), Costa d'Avorio (Night of the Kings di Philippe Lacôte) Germania (And Tomorrow the Entire World di Julia von Heinz), Giordania (200 meters di Ameen Nayfeh), Grecia (Apples di Christos Nikou, che ha aperto Orizzonti), Iran (Sun Children di Majid Majidi), Palestina (Gaza mon amour di Tarzan Nasser e Arab Nasser), Polonia (Never Gonna Snow Again di Małgorzata Szumowska e Michał Englert), Portogallo (Listen di Ana Rocha de Sousa, che ha vinto il Leone del Futuro), Russia (il Leone d’Argento Dear Comrades! di Andrei Konchalovsky), Tunisia (The Man Who Sold His Skin di Kaouther Ben Hania).
Da Venezia 2019 arriva Atlantis di Valentyn Vasyanovych, già vincitore di Orizzonti e ora scelto dall’Ucraina. Anche il candidato del Guatemala, La Llorona di Jayro Bustamante, arriva dalle Giornate degli Autori dell’anno scorso, sezione che già accolse il poi nominato all'Oscar Corpus Christi.
Con una certa sorpresa, la Francia ha proposto Due, opera prima dell’italiano Filippo Meneghetti. C’è una partecipazione italiana anche nella coproduzione Open Door di Florenc Papas, titolo presentato dall’Albania.
Pochi i veterani in campo. Konchalovsky, sì, ma anche la polacca Agnieszka Holland. La presidente dell’European Film Academy, in passato finita in cinquina come rappresentante della Germania Ovest e della Polonia, è riuscita nell’impresa di farsi presentare da un terzo paese, la Repubblica Ceca, grazie a Charlatan, favorito per la candidatura. Lo spagnolo Fernando Trueba, già vincitore per Belle époque, corre per la Colombia con Forgotten We’ll Be.
Il danese Thomas Vinterberg, in odore di Oscar per La caccia, ci riprova con Un altro giro, forte della presenza nel cast della star Mads Mikkelsen, il Giappone punta su Naomi Kawase e il suo True Mothers, titoli selezionati da Cannes come anche il georgiano Beginning di Dea Kulumbegashvili.
Un altro giro - Another Round di Thomas Vinterberg (ph. Henrik Ohsten)Il divo svedese Stellan Skarsgård è il protagonista del candidato norvegese, Hope di Maria Sødahl. Acclamato a Berlino, My Little Sister di Stéphanie Chuat e Véronique Reymond rappresenta la Svizzera. L’Austria ci prova con What We Wanted di Ulrike Kofler, il Belgio porta Filles de joie di Frédéric Fonteyne e Anne Paulicevich, la Spagna La trinchera infinita di Jon Garaño, Aitor Arregi e Jose Mari Goenaga.
Sulla scia del macedone Honeyland, candidato l’anno scorso sia tra i migliori film internazionali che tra i documentari, si è fatta nutrita la pattuglia di documentari: il Brasile presenta l’omaggio a un suo regista simbolo, Babenco: Tell Me When I Die di Bárbara Paz, il Cile punta su The Mole Agent di Maite Alberdi già passato al Sundance, il Kenya su The Letter di Maia Lekow e Chris King, la Romania si lancia su Collective di Alexander Nanau, il Venezuela Once Upon a Time in Venezuela di Anabel Rodríguez Ríos.
Mancano all'appello le proposte di alcuni paesi, ma molti film sono già in campagna elettorale. Rispetto agli ultimi anni, sembra mancare un titolo forte come Parasite o Roma. Prossimo passo: la shortlist il 9 febbraio, che ridurrà a dieci semifinalisti la vastissima rosa di autocandidati.