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Nanni Moretti sul set di Tre piani - cr. Fandango/Sacher Film
In un certo senso è clamoroso. Per la prima volta dal 1986, quando fu candidato nelle categorie di film, regia, sceneggiatura e attore per La messa è finita, Nanni Moretti rimane fuori dalle principali candidature ai David di Donatello (le cinquine sono state svelate oggi).
Con 7 statuette, 2 premi speciali e 45 nomination accumulate dal 1984, Moretti è uno dei cineasti italiani più titolati nella storia del riconoscimento, nonché uno dei personaggi più importanti e influenti del sistema cinematografico italiano degli ultimi quarant’anni. Il fatto che con il suo ultimo film, il divisivo Tre piani, abbia ottenuto una sola menzione – tra l’altro per la sceneggiatura non originale, una delle due cinquine che di fatto sono sestine per ex-aequo – è qualcosa di piuttosto sorprendente.
La storia del David – che è molto interessante anzitutto per capire la storia del potere nel cinema italiano – ci insegna che spesso più del film può il nome. Prima o poi sarà il caso di studiare bene l’evoluzione del principale riconoscimento della nostra industria (pensiamo solo che le candidature sono state introdotte solo nel 1981, dopo venticinque edizioni di premi elargiti senza gara), tenendo conto del rinnovamento nelle giurie improntato da Piera Detassis, presidente dal 2018 quando finì la breve gestione di Giuliano Montaldo, subentrato all’eterno Gian Luigi Rondi che dell’Accademia del Cinema Italiano fu presidente ad vitam.
Piera Detassis - David di Donatello - Photo by Fabrizio CestariAl giro numero sessantasette, il quarto di Detassis, stanno maturando i frutti del suo processo d’innovazione. E la dimenticanza di Moretti è il segnale di una giuria – espressione se non di un’industria quantomeno di un settore – che sa emanciparsi dal dovere di celebrare una delle sue figure più autorevoli e rilevanti e non si dimostra deferente di fronte a una delle opere più problematiche del suo percorso.
All’opposto, le 6 candidature di Ennio dimostrano l’affetto nei confronti di un altro venerato maestro, Giuseppe Tornatore (26 nomination e 10 premi in carriera; con 65 anni è il più anziano nella cinquina dei registi), e di un film inatteso ed emozionante, un documentario di oltre due ore e mezza che, sotto pandemia, è riuscito a portare pubblico in sala (al momento sfiora i due milioni e mezzo d’incasso).
E sono dei nuovi venerati maestri anche l'attivissimo sessantaduenne Mario Martone (16 nomination, 4 premi) che con Qui rido io guadagna 14 candidature e, tutto sommato, anche il cinquantenne Paolo Sorrentino (22 nomination, 5 premi): È stata la mano di Dio (16 candidature) è lo struggente capolavoro della maturità che l’ha fatto uscire dalla condizione – per mantenere la triade di Arbasino – di “solito str*nzo”. Senza dimenticare Marco Bellocchio (82 anni, 20 nomination, 5 premi), in gara tra i documentari con Marx può aspettare. Tra i maestri in gara e rimasti fuori, val la pena citare il novantenne Paolo Taviani (Leonora addio, totalmente snobbato), che in altre stagioni avrebbe raccolto più di un cenno, e un outsider assoluto come l'ottantenne Antonio Capuano, il mentore di Paolo Sorrentino ("non ti disunire!") dimenticato insieme a Il buco in testa.
Set del film "E' stata la mano di Dio" di Paolo Sorrentino.Nella foto Paolo Sorrentino.
Foto di Gianni Fiorito
Gareggiano per la prima volta tra i registi Leonardo Di Costanzo per il suo terzo film, Ariaferma (11 candidature), e Gabriele Mainetti per il suo secondo, Freaks Out (16 candidature), entrambi già premiati a loro tempo come migliori registi esordienti. Jonas Carpignano compete per la sceneggiatura originale e la produzione di A Chiara (6 candidature; da notare che è in lizza tra i migliori musicisti con Benh Zeitlin, regista indie già nominato all'Oscar per Re della terra selvaggia), mentre resta fuori Michelangelo Frammartino per Il buco, vincitore del Premio speciale della Giuria all'ultima Mostra di Venezia. Le quote rosa spuntano tra le opere prime, con Maura Delpero per Maternal e Laura Samani per Piccolo corpo.
Interessante il parterre degli interpreti. Con il ritorno di alcuni habitué: Toni Servillo, già vincitore di 4 David e che conquista undicesima e dodicesima nomination in carriera per Qui rido io e È stata la mano di Dio; il vincitore in carica Elio Germano all’ottava candidatura grazie ad America Latina (ma i fratelli D'Innocenzo restano fuori: chi più "soliti str*nzi" di loro, al momento?); Silvio Orlando, candidato per la dodicesima volta per Ariaferma; Valerio Mastandrea in gara per la quindicesima volta, stavolta come non protagonista per Diabolik. E ci riprovano ancora gli stimatissimi Maria Nazionale (Qui rido io) e Fabrizio Ferracane (Ariaferma).
Ma soprattutto con gli esordi in cinquina della ormai star Miriam Leone (Diabolik), di due attrici navigate eppure mai candidate finora come Teresa Saponangelo e Luisa Ranieri (È stata la mano di Dio), della rivelazione Filippo Scotti per il film di Sorrentino, del già premiato per l’opera prima Pietro Castellitto (Freaks Out), del lanciatissimo Eduardo Scarpetta (Qui rido io), delle giovanissime Swamy Rotolo (A Chiara) e Aurora Giovinazzo (Freaks Out), dell’outsider Rosa Palasciano (l’indie Giulia), delle beniamine televisive Vanessa Scalera (L’arminuta) e Cristiana Dell’Anna (che in Qui rido io interpreta lo stesso ruolo di Susy Del Giudice, anche lei nominata per I fratelli De Filippo), del tedesco Franz Rogwoski (Freaks Out).
Il regista Jonas Carpignano e Swamy Rotolo ©Isabella TorreBen tredici new entry su venti posti, che lasciano fuori interpreti più celebri e già super candidati in passato: Sergio Castellitto (abbastanza incredibile la sua esclusione per Il cattivo poeta), Margherita Buy (Tre piani e Il silenzio grande), Alba Rohrwacher (Tre piani), Riccardo Scamarcio (Tre piani e L’ombra del giorno), Valeria Golino (Fortuna, Occhi blu, La terra dei figli), Matilda De Angelis (Atlas), Micaela Ramazzotti (Naufragi e Maledetta primavera), Paola Cortellesi (Come un gatto in tangenziale - Ritorno a Coccia di Morto), Kasia Smutniak (3/19), Jasmine Trinca (Supereroi), Luca Marinelli (Diabolik), Alessandro Borghi (Mondocane e Supereroi), Claudia Gerini (Sulla giostra), Marina Confalone (Il silenzio grande). Un ricambio da non sottovalutare che forse non indica la presenza di un vero star system ma in grado di dirci che qualcosa si sta muovendo.