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“Il tema della rimozione è molto presente. I miei genitori per proteggerci non ci parlavano mai, direttamente, di quella vicenda. Il film racconta proprio questo, di come un bambino prova a superare quella rimozione per vincere la paura”.
Claudio Noce è il primo dei quattro italiani in concorso a Venezia 77: oggi è il giorno di Padrenostro, film scritto (con Enrico Audenino) e diretto dal regista romano, prodotto (tra gli altri) da Pierfrancesco Favino, che sullo schermo è Alfonso, padre del piccolo Valerio (Mattia Garaci), bambino di 10 anni la cui esistenza viene sconvolta quando, insieme alla madre Gina (Barbara Ronchi), assiste all’attentato ai danni del genitore da parte di un commando di terroristi.
Claudio Noce sul set di PadrenostroIspirato al vero fatto di cronaca che coinvolse nel 1976 il vicequestore Alfonso Noce, padre del regista, ferito in un attentato per mano dei Nuclei Armati Proletari, in cui persero la vita il poliziotto Prisco Palumbo e il terrorista Martino Zichittella, Padrenostro sarà distribuito nelle sale da Vision Distribution a partire dal 24 settembre.
“Erano tanti anni che ci pensavo, la difficoltà era trovare il modo, la chiave giusta, non volevo raccontare gli anni di piombo, ma lo sguardo di un bambino trafitto e la sua relazione con il padre. La mia voglia era quella di trasformare le parole da private ad universali. I miei genitori hanno visto il film, per me è stato un momento incredibile, molto emozionante, ho compiuto quel percorso che spero mi abbia portato dall’altra parte del rimosso, dice ancora Claudio Noce, che spiega: “Mio padre è quel tipo d’uomo che ha difficoltà a raccontare, a vivere le proprie emozioni, proprio come il personaggio interpretato da Favino”.
L’attore, dopo i successi de Il traditore e Hammamet, torna dunque a interpretare un film che racconta un pezzo di storia del nostro paese: “Credo sia semplicemente una casualità. Con Claudio parlavamo di questo film ancor prima che iniziasse la lavorazione con Bellocchio e Amelio. Sono convinto però che in alcune storie ci siano degli archetipi, qui ad esempio tutto ruota intorno al mistero del rapporto padre-figlio”, dice Favino, che non ha incontrato il padre del regista prima di rappresentarlo sullo schermo: “Non c’è stata occasione, ma neanche sarebbe servito. Claudio mi ha raccontato questa storia, mi sono visto figlio e ho riconosciuto in suo padre il mio. Chi come noi ha avuto genitori di una certa generazione ha dovuto capire quegli atteggiamenti di chiusura che erano atti a proteggere la nostra infanzia. Io sono stato uno di quei bambini dietro la porta, che andava a letto dopo Carosello, ma ricordo quelle chiacchiere, quei salotti fumosi, che per noi erano preclusi. La nostra generazione è stata sempre messa di lato, quegli anni terribili li abbiamo vissuti in un certo modo. Per tanti anni ho cercato di far mie quelle tensioni, ma non mi appartengono, non ci appartengo. Ci è stato detto di stare zitti perché quella lotta non l’abbiamo fatta. E il nostro laicismo di oggi ci permette di non avere più paura. Credo che alla fine questa sia una lettera d’amore di Claudio a suo padre”.
PadrenostroAmbientato negli anni ’70, a Roma e in Calabria, Padrenostro è operazione autobiografica basata sui ricordi e sull’immaginazione: centrale da questo punto di vista la figura di Christian (Francesco Gheghi), ragazzo di 14 anni che irrompe dal nulla nell’esistenza di Valerio: solitario, ribelle, sfrontato, appare e scompare in determinate situazioni.
“L’idea era raccontare la ricerca del padre, farlo mettendo in gioco anche l’altra parte è stata la ragione per cui ho pensato che quel segmento di storia si potesse restituire sullo schermo. C’era una guerra, noi bambini osservavamo, sentivamo, gli adulti ne parlavano pensando che noi non ascoltassimo. E questo avveniva da entrambe le parti. L’incontro tra i due ragazzi è l’incontro tra due anime in cerca della stessa cosa”, aggiunge Claudio Noce, che non dimentica gli anni d’infanzia trascorsi quotidianamente sotto scorta: “Vivere così era diventata una sorta di normalità, un gioco, che si mischiava con l’immaginazione. Si stabilisce una relazione diretta con le persone che sono lì, che hanno un ruolo definito, quello di proteggere. E nel corso degli anni si sono create relazione dirette, umane. Ma il fatto che mio padre avesse la scorta non mi faceva sentire sicuro, anzi, il contrario. Io avevo paura perché c’erano loro. Un contesto che non rassicurava, insomma”.
Centrale nella narrazione la figura di Gina, moglie di Alfonso e madre di Valerio, interpretata da Barbara Ronchi: “È una donna che c’è sempre, una presenza pesante. Che fa da tramite tra i figli e il marito, un ruolo che ama, non imposto dalla società. Nel momento in cui scoppia la bomba ha la modernità di pensare che la famiglia, da sola, non basta per affrontare questo trauma”, dice l’attrice.
Barbara Ronchi in una scena di PadrenostroPer la proiezione di questa sera in Sala Grande (ore 19.30) è stata annunciata la presenza in sala di Matteo Salvini: “Credo verrà in forma privata, nessuno di noi l’ha invitato ma allo stesso tempo nessuno di noi può impedire a nessuno di andare a vedere un film”, risponde Favino, che non teme alcuna strumentalizzazione sul film: “Non credo ci sia possibilità di manipolazione, visto che il film non è né pro poliziotti, né pro terroristi. Quindi se Salvini viene per quello avrà fatto un viaggio a vuoto”.
“Del resto – aggiunge Nicola Maccanico di Vision Distribution – noi abbiamo realizzato questo film affinché lo vedesse più gente possibile. Più persone lo vedranno, più saremo felici. E portarlo poi in sala, dal 24 settembre, vuole essere segnale di ripartenza vero che già la Mostra di Venezia ha contribuito a lanciare”.
Infine, una divertente curiosità: il personaggio di Favino (noto tifoso romanista), tornato a casa dopo la degenza regala al figlio (tifoso della Lazio, come Noce del resto) un pallone da calcio autografato da Giorgio Chinaglia: “In sceneggiatura si è parlato di quel momento e non è stato facile convincere Pierfrancesco ad accettare quella scena”. Favino, colto sul vivo, sostituisce in corsa la mascherina nera che stava indossando per indossarne una giallorossa.