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Le coincidenze tra questo film e il periodo storico che stiamo vivendo non sono poche: già solo dal titolo che inizialmente doveva essere Chiusi in casa, poi diventato La stanza. E’ il thriller psicologico di Stefano Lodovichi, con Guido Caprino, Camilla Filippi ed Edoardo Pesce, che sarà disponibile dal 4 gennaio in anteprima esclusiva su Amazon Prime Video.
“Un film nato da un documentario che avevo pensato sugli Hikkikomori, i ragazzi giapponesi che si chiudono in casa e si escludono dalla vita - spiega il regista-. Ci lavorai un anno, poi abbandonai questo argomento perché era troppo complesso e decisi di fare un lungometraggio di finzione”.
Il regista Stefano LodovichiAl centro della storia tre personaggi chiusi dentro una casa e pieni di segreti. “Ho voluto raccontare la famiglia di oggi e i rapporti tra i genitori e i figli per capire quali possano essere le difficoltà del diventare adulti. Mi sono ispirato ai classici modelli come Shining o Psycho. Sono cresciuto con una madre che mi faceva guardare le commedie all’italiana e un padre che preferiva film con
Schwarzenegger e Bruce Willis. A me piace mischiare i due generi”, prosegue Lodovichi che ha girato questo film durante la pandemia (“scritto e pensato lungamente su Zoom”), in diciassette giorni di riprese e tutto all’interno di una casa (“facevamo tamponi e controlli, avendolo realizzato in un teatro di posa è stato possibile fare maggiori controlli”).
“La casa da sempre è un luogo dove si possono scoprire i rapporti, i segreti e gli incubi della famiglia. Di giorno le inquietudini diventano ancora più pesanti. Ho ricostruito una casa un po’ isolata e ho lavorato molto sugli ambienti che sono un po’ stile liberty e art noveau”.
La abitano questi tre personaggi, interpretati da Edoardo Pesce (“Faccio un uomo piuttosto pavido e debole che potrebbe essere uno dei Mostri di Risi”), Camilla Filippi (“E’ una storia che fa riflettere sulle azioni dei genitori che si ripercuotono sui figli”) e infine Guido Caprino (“Il mio è un personaggio controverso che compie una sorta di processo alle intenzioni”).
La stanzaTutto comunque è partito dagli Hikkikomori. “Mi hanno dato la possibilità di approfondire il tema della reclusione volontaria. Sono persone che non vogliono confrontarsi con il mondo esterno. Ragazzi che non riescono ad avere questo confronto e finiscono per chiudersi in casa. E’ un mondo affascinante che ho studiato e ho pensato anche al rapporto di questi adolescenti con i propri genitori. Penso anche che spesso i genitori sbagliano, ma se noi li guardiamo con gli occhi degli adulti li perdoniamo”.
Infine il regista conclude: “Mi spaventa che, dopo questo periodo, i ragazzi non saranno abituati ad andare al cinema. Ho paura che ci possa essere una pigrizia mentale e culturale che possa degenerare”.