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Intelligente, colto, ironico, vitale, curioso verso il cinema e verso gli altri, coerentemente incoerente e fiero di esserlo perché “l’incoerenza è anche immaginazione”, grande esploratore di tutti i generi cinematografici e al tempo stesso con la voglia di uscirne fuori (“un evaso riacciuffato”).
E ancora scialacquatore (“barche, cavalli, donne: ho dilapidato tutto nella mia vita), amatore, sciupa femmine (“mi sono sciupato con le femmine”), bugiardo (“non sul lavoro, nella vita, con le donne molto”) e tanto altro.
Difficile imbrigliare e definire Lucio Fulci eppure la regista Antonietta De Lillo e il critico cinematografico Marcello Garofalo ci sono riusciti, e alla grande, con il bellissimo doc Fulci Talks, una conversazione uncut con Lucio Fulci, dal 10 marzo disponibile on demand sulla piattaforma www.cgdigital.it e su Chili.
Lo hanno fatto ritirando fuori un’intervista “dormiente” che gli avevano fatto trent’anni fa. Bastano le parole della figlia Antonella Fulci per dimostrare l’unicità di questo ritratto.
“Finalmente ha parlato lui. Di omaggi ce ne sono stati tanti, ma cristallizzavano dei momenti, degli aneddoti, dei fatti- dice-. Mio padre era un personaggio impossibile da inquadrare o condensare in un attimo. Non aveva bisogno e non gli interessava essere capito. Difficilmente ho trovato uno spirito libero come lui. Quello che vedete sullo schermo è quello che io vedevo dalla mattina alla sera. Lui provocava, dava soprannomi, faceva scherzi. Negli altri documentari non lo riconoscevo, qui invece l’ho riconosciuto tantissimo. Con loro è stato rilassato come lo era con me nei momenti buoni”.
Frutto del prezioso materiale, di un lavoro di post produzione durato ben un anno e mezzo e di un regista “occulto”. “Garofalo ha avuto l’idea bizzarra e particolare all’epoca di fare incontrare una giovane regista d’autore, come me, con un un navigato maestro del genere- racconta Antonietta De Lillo-. E’ stato un incontro unico. Non posso dire che insieme abbiamo domato Fulci perché sarebbe stata una mission impossible, però un po’ lo abbiamo accerchiato. Si è sentito finalmente accolto anche perché Marcello Garofalo, critico raffinatissimo, lo metteva finalmente sul podio, cosa che lui desiderava da tempo”.
Antonietta De LilloBistrattato in vita. Oggi autore cult, ieri regista di serie B non riconosciuto dalla critica (“Ma che possiamo dare tre stellette a Fulci?” e "Post mortem diranno che sono intelligente"). “Adesso è venerato in moltissimi paesi del mondo. E’ adorato non solo da Quentin Tarantino o Nicolas Refn, ma ha tantissimi emuli nelle nuove generazioni. Viene riscoperto nell’horror ovviamente, ma non solo in quello. Di eredi ne ha davvero tanti”, dice il compositore Fabio Frizzi, storico assistente di Fulci.
“Prima di essere giudicato, lui voleva essere storicizzato e studiato. Ma la critica dell’epoca era superficiale e poco attenta a quel che vedeva”, commenta Marcello Garofalo, da sempre incuriosito da Fulci: “Era bravo a a scivolare in vari generi cinematografici: dai film splatter ai gialli raffinatissimi, dai film per ragazzi come Zanna Bianca alle commedie sexy. Era un unicum, stava in una zona di confine tra il regista di genere e il regista autore”.
Se ne è andato venticinque anni fa, il 13 marzo del 1996. Ha collaborato con Steno alla sceneggiatura di Un giorno in pretura e Un americano a Roma. Ha esordito alla regia grazie a Totò con I ladri nel 1959 (“Mi ritengo un errore di Totò”). E poi: il sodalizio con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, i musicarelli, alcuni western, i thriller (Non si sevizia un paperino), gli horror (Zombi), i fantasy e i drammi (Beatrice Cenci).
Sempre ironico, nonostante la vita lo mise a dura prova, dalla depressione lo salvarono il cinema e le barche a vela (“non la psicoanalisi”). In questa lunga intervista ci parla anche della morte e della politica (“un anarchico mite”, si autodefinisce).
“Mi ha colpito molto come ha saputo parlare del presente in modo politico- dice Antonietta De Lillo-. Sembra quasi che trent’anni non sono passati quando nomina la Lega nell’intervista. E’ stato un regista che ha fatto politica vera e diretta”.
Allo stesso modo Fulci Talks ci restituisce il ritratto diretto di un uomo che non aveva peli sulla lingua (“Dario Argento manca di ironia”). In poche parole, un ritratto uncut (come da sottotitolo). C’è però un piccolissimo cut, come confessa Antonietta De Lillo: “L’ho fatto. Mi dispiace con me stessa e con Fulci. Aveva detto una cosa che condividevo, ma un po’ sgarbata. Per 24 ore ho combattuto con quella piccola frasetta: alla fine l’ho tolta. Ovviamente non saprete mai dove l’ho censurato. Me ne vergogno, anche se di solito non mi vergogno mai di quello che faccio”.
E poi conclude: “Fulci ha saputo parlare al presente. Un regista vitale ed esplosivo che mi ha fatto venire voglia di fare cinema”. Ecco, da spettatori fatevi venire voglia di vedere questo doc e non perdetevi assolutamente la lunga conversazione con Fulci.