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Michele Placido, alla Festa di Roma e il 3 novembre in sala porta L’ombra di Caravaggio, che inquadra gli ultimi giorni di Michelangelo Merisi (Riccardo Scamarcio) su cui indaga un agente (Louis Garrel) del Vaticano. Dove nasce il film?
Nasce a 19 anni, ero appena entrato all’Accademia Silvio d’Amico, volevo fare l’attore, di teatro. Campo de’ Fiori il nostro quartier generale, in cantiere l’occupazione dell’Accademia, la notte parlavamo di rivoluzione, e brillava la figura straordinaria di Giordano Bruno: un amico mi disse, ma lo sai che qui in quegli anni c’era qui anche Merisi? Mi ha portato a vederne le tele nelle chiese romane, e lì s’è seminato qualcosa: il mio Caravaggio.
Ne sono passati di anni, prima di farne un film.
Ho dovuto lavorare con i maestri, da Monicelli ai Taviani a Bellocchio, esordire alla regia, già quarantaquattrenne, con Pummarò, perché il mio quattordicesimo film potesse essere Caravaggio. Un progetto costoso, con Federica Luna Vincenti abbiamo investito molto: Rai Cinema voleva darlo a produttori più importanti, ma alla fine l’abbiamo fatto noi, con i francesi, grazie al favore che ci ha accordato Isabelle Huppert.
E gli interpreti nostrani?
Volevo gli attori di Romanzo criminale, ma in un modo o nell’altro tutti si sono rifiutati, lamentando un copione un po’ verboso. Superficiali, li trovo. Poi, quasi disperato, ho incontrato Riccardo Scamarcio, che nell’ambiente mi dicevano scontroso: ma perché, rispondevo, Caravaggio era forse simpatico? Gesù Cristo era simpatico?
Che rapporto ha con la religione?
Sono stato tre anni in collegio con uno zio missionario, educato misticamente: le prime emozioni le ricordo alla Passione di Cristo. Ancora oggi vado in chiesa, e la trovo vuota: ci leggo i copioni, non c’è nessuno. Detto questo, per il film c’è altro da dire…
Dica, Placido.
La Curia romana non è stata straordinariamente partecipe: han letto il copione, lo hanno rimandato, asserendo ci fossero problematiche. Dunque, ci siamo rivolti alla Curia napoletana, e ci siamo serviti delle chiese barocche partenopee, che hanno interni simili a quelle romane. Insomma, a Napoli ho trovato un’altra Chiesa: non è cambiato poi molto dagli anni di Caravaggio.
Chi era, dunque, Caravaggio?
Con Sandro Petraglia, che ha sceneggiato, abbiamo fatto tante ricerche, e trovato un grande mistico, che sapeva Bibbia e soprattutto Vangelo a memoria, quel Vangelo che – come disse a Filippo Neri – voleva portare nei quadri. Con Sandro abbiamo tradotto la sua esperienza in un thriller, un crime, seguendo un inquisitore, l’Ombra di Louis Garrel, che su mandato del pontefice indaga quali siano i soggetti delle sue tele, ovvero persone del popolo, usurai, prostitute.
Il film inquadra anche la condizione femminile.
Storie amare, giovanissime costrette a prostituirsi che a 22, 23 anni erano già vecchie. Ma Caravaggio seppe cogliere la loro verità, le loro emozioni: ne ha fatto madonne, consegnandole per l’arte all’immortalità.