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Ryan Gosling sul set di Lost River
Una città (Detroit) che perde abitanti, un ragazzino che rischia di perdere la madre, i mostri che si prendono tutto. E' Lost River, opera prima del divo Ryan Gosling, che passando alla regia fa il pieno a Cannes 67 (Un Certain Regard): almeno di code al Palais, tra ressa e spintoni, ma sullo schermo è un'altra storia. Il registro, non il genere, è horror, gli echi – se volete, le scopiazzature – palesi, dal “maestro” Nicolas Winding Refn a Lynch, Cronenberg, Ellroy e tanti altri (il veneziano White Shadow, di cui il regista Noaz Deshe è qui produttore). Sì, gli piacerebbe al buon Ryan…
Troppa la carne – letteralmente – a fuoco, un utilizzo delle musiche che da platealmente espressionistico si fa pletoricamente sintomatico di una necessità: non sai che, come raccontare? Taca la banda! Il ragazzino, Bones (Iain De Caestecker), scopre la via segreta per accedere a una città allagata, la madre (Christina Hendricks) finisce in un night di dubbio gusto, mooolto macabro e un tot infido, all'amabile di Bones, Rat (Saoirse Ronan), il bifolco del villaggio decapita il ratto, Eva Mendes gioca con il sangue: insomma, lo sceneggiatore e regista Gosling ha un gran (?) cast e la palese volontà di non sfigurare che risolve nel suo opposto, l'esagerazione.
Calcando la camera sul nonsense più o meno volontario, indugiando pesante sulla frammentazione della storia e l'iperbole del racconto, Lost River si perde in mille anse, e stagna: il talento c'è anche, qualche ideuzza pure, ma quanto fumo, quanta ambizione, quanta presunzione.