"E' la metafora del mondo, dove l'unica cosa possibile da fare è confrontarsi", dice il regista napoletano. A Venezia con Capri Revolution: "Lucia porta con sé l’umano, la capacità di relazionarsi"
“Questo film mette in contrasto mondi e visioni diverse, il mondo contadino di Lucia, la scienza del medico, la comune del performer. L’isola è il mondo, la metafora del mondo. Il mondo è un’isola. E l’unica cosa possibile è confrontarsi”. Mario Martone, terzo e ultimo regista italiano in concorso a Venezia 75, presenta il suo nuovo film, Capri Revolution, che 01 distribution porterà poi nelle sale a partire dal 13 dicembre, durante il periodo natalizio.
1914. L'Italia sta per entrare in guerra. Una comune di nordeuropei ha trovato a Capri il luogo ideale per la propria ricerca nella vita e nell'arte. Ma l'isola ha una sua propria e forte identità, che si incarna in una ragazza, una capraia il cui nome è Lucia (Marianna Fontana). Il film narra l'incontro tra Lucia, la comune guidata da Seybu (Reinout Scholten van Aschat) e il giovane medico del paese (Antonio Folletto). E narra di un'isola unica al mondo, la montagna dolomitica precipitata nelle acque del Mediterraneo che all'inizio del Novecento ha attratto come un magnete chiunque fosse spinto da ideali di libertà e di progresso, come i russi che Maxsim Gorkij, esule a Capri, preparava alla rivoluzione.
“Mi sono imbattuto nella storia della comune di Karl Diefenbach vedendo i suoi quadri alla Certosa di Capri. Non sapevo che all’inizio del ‘900 ci fossero queste comuni che anticipavano le esperienze degli anni ‘60 e ‘70 ed è stato per me immediato il cortocircuito con gli avvenimenti successivi. Negli anni ’80 Joseph Beuys aveva creato un’installazione sull’isola, “Capri Batterie” (che inizialmente doveva anche essere il titolo del film, ndr): si provava attraverso l’arte ad immaginare un diverso modo di relazionarsi con le persone, era un atto politico”, spiega ancora Martone.
Con Capri Revolution sembra concludersi una trilogia ideale nata con Noi credevamo e proseguita con Il giovane favoloso: “Non era una cosa studiata. Credo piuttosto di poter dire che ogni film è nato dall’altro. Che Leopardi potesse essere oggi una voce importante l’ho capito mentre facevamo Noi credevamo, allo stesso modo i temi di progresso e natura, quelli di Capri Revolution, si sono manifestati durante la lavorazione de Il giovane favoloso. Poi sì, è lampante, i protagonisti sono sempre ribelli, giovani, perché a muovermi è sempre il desiderio di raccontare un’Italia che non è doma, che sente la spinta a cambiare, a interrogarsi sui temi, sul rapporto tra collettività e individualità”, dice il regista, autore dello script insieme alla moglie Ippolita Di Majo, cosceneggiatrice abituale di tutti i suoi film.
“Questo gruppo di ragazzi, tutti nordeuropei, cerca di riappropriarsi della natura. Sono i primi figli della rivoluzione industriale, fuggono in qualche modo da luoghi già contaminati in termini di inquinamento e capitalismo. Lucia è l’arcaicità che loro cercano, si configura come parte di questo miraggio”, spiega l’autrice.
Ad interpretare Lucia, come detto, Marianna Fontana, che torna al Lido due anni dopo Indivisibili di Edoardo De Angelis, presentato alle Giornate degli Autori: “Mi sono preparata al personaggio insieme a Mario e Ippolita, poi ho pascolato capre, mungendone più di 100. Ho letto dei libri, ho approfondito la conoscenza sulla comune di Capri ma non sono andata oltre, quasi per scoprire questo cambiamento insieme al personaggio, lasciandomi andare, non solo con il corpo, ma soprattutto con l’anima. Ho preso, ho risucchiato tutte le idee, le energie che c’erano nella comune”, racconta l’attrice, che aggiunge: “Rappresentare questa giovane donna mi ha permesso di ritrovarmi molto in lei, scoprire attraverso il cambiamento di Lucia com’è bello aprirsi al mondo. Decide di essere libera, viene attratta da queste due figure, quella del medico e dell’artista, decide di andare oltre i confini, seguire l’istinto. Una ragazza fragile ma al tempo stesso forte e ribelle. Che impara a leggere e scrivere, impara qualche parola di inglese, ma non le basta. E prosegue verso la conoscenza del mondo”.