Il cinema è passione per il nuovo, creazione del nuovo e, come scriveva Marguerite Duras, fa venir voglia ai ragazzi di fare l’amore e alle ragazze di fuggire di casa, rende impazienti, e nella sua notte apre ad una comunione fra sala e schermo, desiderio e immagine. Questa impazienza è la condizione ipnotica di cui parla anche Roland Barthes, la disponibilità a vagare fra le stelle della notte e a sperimentare, a lasciarsi andare.

Il western – il cinema americano per eccellenza – non solo è un genere ricco, articolato e mobile, una forma di concetti e materie, un metodo e una costellazione di topoi e segni (che conferma la sentenza adorniana secondo cui un’opera d’arte per essere tale deve non sembrarlo), ma, soprattutto, è il racconto della genesi di qualcosa di nuovo, emozionante e sperimentale, una nuova cultura che si schiude nel West selvaggio e non ancora civilizzato: uno spazio di trasformazione e novità.
Il western è un esercizio di esodo, un cammino inedito lungo la Frontiera, in fuga dai disagi della civiltà europea e di “Monsieur le Capital”. È la storia di una lotta febbrile e coraggiosa contro la vigliaccheria dell’inerzia, per affermare un nuovo modo di essere e vivere.

L’avventura barbara di una giovinezza furiosa che vuole conquistare l'impossibile.
È un sogno autentico e sconfinato di terra e libertà che, nondimeno, ad un certo punto, contraendosi e schiantandosi contro il progresso del sociale, determinato da questa formazione economico-sociale, si è trasformato in uno spettro, lasciando dietro di sé macerie, sangue, e disincanto, ma anche il gusto per l'avventura e il desiderio di esplorare e creare mondi nuovi, ancora e sempre.

Edizioni Fondazione Ente dello Spettacolo
Anno Pubblicazione: 2012
Numero Pagine: 352
Formato: 16x24

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