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“Credo di essermi emancipato anche io con questo film, perché è un film profondamente femmina”.
Pietro Marcello parla così del suo nuovo lavoro, Le vele scarlatte, che domani 18 maggio aprirà ufficialmente la Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes.
Liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Aleksandr Grin, adattato per lo schermo dallo stesso Marcello con Maurizio Braucci, Maud Ameline e con la collaborazione di Geneviève Brisac, il film – ambientato da qualche parte nel nord della Francia – segue dapprima il ritorno nel villaggio di Raphaël (Raphaël Thiéry), soldato sopravvissuto alla prima guerra mondiale che scopre di aver perduto l’amata Marie, morta in seguito ad uno stupro. Fa però la conoscenza di sua figlia, Juliette, bambina che nel corso degli anni crescerà appassionandosi alla musica e al canto, forte di uno spirito combattivo e solitario. Un giorno, lungo la riva di un fiume, la ragazza incontra una maga che le predice che delle vele scarlatte arriveranno per portarla via dal suo villaggio. Juliette (Juliette Jouan) non smetterà mai di credere nella profezia.
Le vele scarlatte
“Dopo Martin Eden non avevo altri progetti su cui concentrarmi, a parte Futura. Per motivi familiari sono rimasto in Francia due anni e il produttore Charles Gillibert mi ha proposto questo romanzo di Grin, scrittore dissidente russo, antimilitarista, aderì al socialismo rivoluzionario, e cominciò a scrivere le prime novelle dopo la rivoluzione del 1905. Fu arrestato varie volte per questa sua attività politica. Mi sono innamorato di questa novella e ho deciso così di intraprendere questa avventura, dato che allora non conoscevo neanche il francese. È stato un percorso nuovo per me, una vera e propria sfida. La postproduzione è terminata qualche giorno fa, e ora siamo qui a Cannes”, racconta ancora Pietro Marcello, che con Le vele scarlatte si produce in un racconto popolare, musicale e storico, al confine con il realismo magico.
“Ho sempre avuto una fascinazione per la letteratura e per il cinema russo, anche se nel caso specifico quello che ho amato di questo romanzo è anche quello che poi in sede di trasposizione abbiamo modificato: lì c’era la figura del principe azzurro che noi abbiamo in un certo modo distrutto, perché il ragazzo che arriva dal cielo (Louis Garrel) dopo la dipartita del padre è l’emblema dell’uomo moderno, avventuriero, che non sa dove stare in questo modo, di fatto abbiamo decostruito il mito patriarcale del principe azzurro. L'elemento che mi ha fatto vedere un film in quel romanzo è il rapporto tra il padre e la figlia. La madre muore, ed è il padre a prendersi cura della bambina. Questo rapporto mi interessa in sé, e ancor più nel momento in cui si spezza. Lui muore e lei diventa una donna indipendente”, dice ancora il regista, come detto coadiuvato allo script dal sodale Maurizio Braucci.
Juliette Jouan, Raphaël Thiér in Le vele scarlatte
“Con Pietro è il secondo romanzo che adattiamo – dice lo sceneggiatore –. Al di là della forma che poi il film può prendere, la cosa importante da cogliere è l’essenza, il contenuto di verità che c’è all’interno del racconto. Ci sono dei movimenti all’interno della narrazione che potevano essere molto rischiosi, movimenti che spesso e volentieri non vengono accettati dalle produzioni: penso ad esempio a quando il padre non interviene per cercare di salvare l’uomo che sta annegando, oppure – a livello più strutturale - spostare l’asse da un protagonista, il padre, ad un altro, la figlia. L’uomo porta questa dimensione della prima guerra mondiale tornando come reduce, poi coesiste con la crescita della bambina, infine è la bambina che diventa grande e diventa unica protagonista”.
La bambina che poi diventa grande, unica protagonista, è l’esordiente Juliette Jouan, scelta da Pietro Marcello dopo “un casting selvaggio”, come l’ha definito il regista stesso: “Per me in assoluto è il primo ruolo nel cinema, ho mandato questo video quasi per scherzo dopo che mio padre mi aveva detto che cercavano una ragazza che sapesse cantare e suonare, poi ho incontrato Pietro. Quello che chiede è di adattarsi alla situazione in cui il film di volta in volta ti mette, e credo che questo sia alla base della ricchezza che emerge dalla narrazione: siamo stati messi nelle condizioni di essere completamente liberi”.
Juliette Jouan in Le vele scarlatte
“Libertà” di cui parla anche Raphaël Thiéry, nel film il papà della ragazza: “Ho avuto carta bianca per interpretare un personaggio che ho amato moltissimo, accompagnato a questo clima di grande tranquillità che mi ha aiutato a non perdere i riferimenti e la direzione che volevamo prendesse quest’uomo. Il lavoro di Pietro, che definirei basato sulla percezione istintiva del modo in cui si trovano gli attori in un determinato momento, credo sia veramente unico. Sa cogliere l’istante e immagino questa capacità derivi dalla sua esperienza passata come documentarista: la consapevolezza che l’immagine è la sintesi del racconto”.
A chi gli chiede se tra i riferimenti per la scelta dell’attore ci fosse il Michel Simon di Boudu salvato dalle acque di Jean Renoir e, per la cifra del film, la cinematografia di Jacques Demy, Marcello risponde che “Demy ha portato le operette popolari al cinema, probabilmente la suggestione deriva perché anche qui ci sono momenti cantati, ma io ho avuto a fianco Gabriel Yared per le musiche e le canzoni, è stata una guida. Mi piace Demy, ma i riferimenti sono casuali. In fondo uno cerca di fare sempre il proprio cinema: non credo di avere modelli, metodi sì”.
Per quanto riguarda l’attore, invece, “sono stati i francesi a dire che Raphaël somigliava a Michel Simon, anche se io non ho pensato a lui lì per lì: so solo che l’ho scelto dopo cinque minuti, per la sua autorevolezza. Avevo bisogno di questo papà, di questa figura solida”.
Artigiano, falegname, “si possono fare i cosiddetti miracoli con le proprie mani”, scriveva non a caso lo stesso Aleksandr Grin nel suo romanzo, e quest’uomo in un certo senso rivive nella massiccia corpulenza di Thiéry: “Vengo dalla ruralità, ho sempre vissuto in un ambiente così e questo mi ha aiutato, ho subito avuto consapevolezza del personaggio, ho capito cosa Pietro voleva da me. Sono autodidatta nel cinema, nel teatro, nella musica e la realtà che questo film mostra della ruralità è molto veritiera. Certo ci sono momenti naturalistici, onirici, ma l’essenza della ruralità è quella che viene restituita dal film seppur le epoche sono cambiate. È un film davvero senza tempo, che si riferisce ad un’epoca passata ma che può parlare benissimo dell’oggi. E i momenti sonori più belli del film sono i suoi silenzi”.
Raphaël Thiéry
Ancora una volta intrecciando alla narrazione materiale di repertorio, Pietro Marcello confessa però che in questo film ha potuto far ricorso agli archivi meno del solito: “Durante la lavorazione non ho avuto il tempo necessario, a Roma ho tutte le mie abitudini, in Francia non avevo degli archivisti come in Italia, non sono riuscito a dedicare più tempo alla ricerca”.
E per quanto riguarda la realizzazione di film storici, in costume, si dice profondamente contrario ai budget esagerati: “Quando vedo film storici, kolossal patinati realizzati con effetti speciali e budget enormi penso sempre che sarebbe meglio spendere i soldi per costruire scuole, ospedali”.
Prodotto da CG Cinéma e Avventurosa con Rai Cinema, Le vele scarlatte uscirà in Francia in ottobre e dal 12 gennaio 2023 in Italia distribuito da 01 distribution: “Sarà doppiato e dovremo fare un grande lavoro perché pensiamo di utilizzare dei dialetti”, conclude Pietro Marcello.