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“Genio sul lavoro e uomo immenso”. Carlo Croccolo, novant’anni il prossimo 9 aprile, incontrò il Principe Antonio De Curtis per la prima volta nel corso di una visita nell’appartamento ove lui abitava a Roma, in Viale Bruno Buozzi, accompagnato dal regista Mario Mattoli. Non sapeva che si sarebbe trovato d’innanzi Totò! “Ero giovane, ero cretino, non davo all’epoca grande importanza al fatto di recitare. Lui mi arrivò incontro con una delle sue favolose vestaglie. Fu tagliente: Non hai proprio l’aria del fesso”.
Arrivato a Lecce per l’apertura del Festival del Cinema Europeo, giunto alla 18ª edizione e che si apre questa sera con la proiezione della versione restaurata di Chi si ferma è perduto di Sergio Corbucci - restauro curato dalla Cineteca di Bologna e da Titanus -, Croccolo è affaticato ma di ottimo umore. È felicissimo di poter ricordare il “suo amico” Totò a cinquant’anni dalla morte, al quale il Festival pugliese è dedicato. Sono tanti piccoli ricordi, come quando, nel 1950, ottenne una particina, quella del cameriere Gondrano, in 47 morto che parla. Lì poté conoscere anche la professionalità del grandissimo attore. “Totò era molto severo sul lavoro. Severissimo. Non si poteva scherzare, con lui. Ma è stato un uomo immenso. Semplicissimo anche, dalla comicità geniale, che troppo tardi fu forse capita». Immenso. Perché? «Perché non era prevedibile, non era misurabile. Lui con Fabrizi, grandissimo attore anche quello, non andava d’accordo. Era rigorosissimo, non amava sporcare le battute e le scene, come facevano tanti comici. E credetemi, Totò non improvvisava mai. Era attaccato al professionismo in modo esagerato. Io lo stimavo e lo amavo per questo”.
Non solo grande attore, Totò, ma uomo dalle tante qualità. Ha vissuto senza mai far conoscere la sua generosità. “Oggi viviamo in un mondo sciatto - prosegue Croccolo -, con persone sciatte e una morale sciatta. Non era capace di perdonare le sciatterie, cosa di cui purtroppo oggi se ne sente la necessità. Oggi Totò ci vorrebbe più che mai, con la sua professionalità e la sua severità». Croccolo non solo fu spalla fantastica di Totò in tanti film. Dato che avevano una voce, loro entrambi napoletani, assai simile, divenne anche il suo doppiatore. «Ma solo per le scene girate in esterno. All’epoca non c’erano microfoni sofisticati. Si doveva doppiare tutto in sala. Dal ’61 in poi divenni la sua seconda voce”.
A Lecce è arrivata per questo ricordo anche la nipote del Principe, Elena Alessandra Anticoli De Curtis, annunciando una grande mostra a Napoli, “Totò il genio”, che si inaugurerà il 13 aprile. Sosta davanti al manifesto originale di Totò le Mokò, portati a Lecce per una mostra al Castello Carlo V. “Guardando il nonno mi vien da sorridere. Per me è stata sempre una presenza viva dentro casa, anche se non ho fatto in tempo a conoscerlo. Son passati cinquant’anni, più che mai sento la responsabilità di recuperare e salvare il patrimonio enorme che ha lasciato. È stato un passaggio di consegne che ha voluto mamma”. Che cosa lascia Totò alla cultura italiana? “Una filosofia che troviamo in tutti i suoi film: la necessità di mantenere una gioia interiore, insieme a una grande profondità, che va ben oltre l’ilarità delle sue battute. Basta riascoltare la “preghiera del clown” ne Il più comico spettacolo del mondo del 1953: lì Totò confessa quanto sia difficile far ridere il pubblico. Ma anche quanto sia importante farlo. Ha vissuto di stenti, sapeva quanto era importante prendere la vita con ilarità”.