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Dalla malattia (una meningite fulminante all’età di quindici anni) che le ha restituito un corpo segnato, o come lei dice “con qualche pezzettino in meno”, al successo, Veronica Yoko Plebani è un’atleta della nazionale paralimpica di Triathlon, nonché ambasciatrice di un nuovo modello di bellezza.
È anche la protagonista di Corpo a Corpo, doc presentato ad Alice nella Città, che racconta la storia di questa giovane della provincia di Bergamo e dei suoi sogni per una medaglia a Tokyo nel 2020 (realizzato quest'anno alle paralimpiadi dove ha vinto il bronzo).
“Volevo parlare delle donne e della loro condizione. Ho voluto raccontare Veronica a tutto tondo e non solo come atleta. Quando l’ho conosciuta l’ho subito vista come una ragazza normale senza cicatrici e senza protesi. Lei si è affidata a me, ma anche io mi sono affidata a lei. C’è stata una grande fiducia reciproca”, dice la regista Maria Iovine, qui al suo primo lungometraggio. “Mi sono approcciata a lei quasi in punta dei piedi- prosegue-. Volevo raccontare questa ragazza assolutamente normale, con gli esami e gli allenamenti, che fa delle cose straordinarie. Veronica è una ragazza che ha perseguito un obiettivo, non solo sportivo, e l’ha raggiunto. Lei è sé stessa nonostante tutto ed è riuscita ad andare oltre alla diversità. Siamo nell’epoca di Instagram e di Tik Tok nella quale le persone usano i filtri per sembrare più belle. Al contrario lei si mostra per quello che è ed è bellissima così come è. E questo è un messaggio che vale per tutte le donne”.
La regista Maria IovineTra serate con le amiche, i battibecchi con i genitori e gli studi in scienze politiche con una tesi sulle donne e lo sport e sulla mancanza di una legislazione a riguardo, Veronica ha deciso di raccontarsi al cinema. “Sono sempre stata una bambina iperattiva e la mia famiglia mi ha sempre portato fin da piccola a fare tutti gli sport possibili- dice-. Mi piace perché mi fa sfogare. Purtroppo le donne ancora vengono valutate nello sport più per la loro bellezza che per le loro prestazioni. E questo deriva sicuramente anche da un vuoto legislativo importante. Bisogna ancora rompere gli schemi culturali”.
E poi: “È stato un po’ complicato unire i miei impegni da atleta con quelli di questo documentario. Sono contenta che si vedono le mie fragilità, anche che emerga la mia forza. Per il futuro mi sto allenando. C’è un nuovo ciclo paralimpico che finirà a Parigi e vedremo come andrà”.
Prodotto da Alfredo Fiorillo e Angela Prudenzi, L’age d’or con il sostegno del Mibac e di Siae nell’ambito dell’iniziativa “Per Chi Crea”, il film si spera che presto possa essere visto dai ragazzi delle scuole proprio per il messaggio di inclusività che porta con sé.
“Tre anni fa io e Alfredo Fiorillo abbiamo conosciuto Veronica. La sua storia ci ha subito colpiti- racconta Angela Prudenzi-. Abbiamo così scritto questo progetto per partecipare al bando e scelto Maria Iovine come regista. Abbiamo pensato che era quella giusta perché under 35 e perché ci era piaciuto il suo corto del 2017 In Her Shoes. Insomma era vicina alle tematiche del mondo femminile che volevamo affrontare. Questa è una storia che si racconta attraverso il corpo, per lei fonte di sofferenza, ma anche fonte di riscatto e voglia di vivere. Per sensibilità pensavo fosse giusto che la raccontasse un’altra donna”.
Infine conclude: “È ingiusto che i premi che sono dati agli atleti paralimpici siano minori di quelli che vengono dati ai normodotati, ma d’altronde questo è ancora il paese in cui le donne non possono essere professioniste nello sport. Una divisione che non dovrebbe esserci, gli organismi devono cominciare a pensare che non devono esserci discriminazioni. Di battaglie ancora se ne devono fare".