(Cinematografo.it/Adnkronos) - "Ammetto che la presenza del film di Polanski e le notizie sul suo passato mi hanno messo un po' a disagio. Ho cercato di documentarmi e ho trovato delle dichiarazioni in cui la vittima di Polanski diceva di ritenere il caso chiuso. Io non mi posso mettere al di sopra delle questioni giudiziarie e sono solidale con la vittima. Ho deciso che non parteciparò al gala per il film di Polanski perché io sono impegnata al fianco delle donne vittime di violenza in Argentina".
La presidente della giuria di Venezia 76, la regista argentina Lucrecia Martel, confessa un certo imbarazzo per la presenza in concorso del film J'Accuse, del regista polacco Roman Polanski, che naturalmente non sarà al Lido perché su di lui pende un mandato di cattura Usa dopo la condanna per aver avuto nel 1977 un rapporto sessuale con una tredicenne con l'ausilio di sostanze stupefacenti e gli Usa potrebbero chiederne l'arresto e l'estradizione.
"Io non separo l'uomo dall'artista ma non è facile capire come rapportarsi con chi ha già affrontato un processo", ha aggiunto la regista, rispondendo indirettamente al direttore della Mostra, Alberto Barbera che ha spiegato invece di "separare l'uomo dall'artista e di giudicare un film solo sulla qualità dello stesso" e di non avere avuto "alcun dubbio nell'includere il film di Polanski nella selezione".
Lucrecia Martel ha anche parlato della scarsa presenze di donne nel cartellone veneziano. "Il discorso delle quote rosa non è mai soddisfacente ma in una fase di transizione da un modello ad un altro non mi sembra ci siano altre strade. Senza registe, così come senza persone non bianche, il cinema non può riuscire a riflettere la complessità della realtà", ha sottolineato.
Sull'argomento sono intervenute, con pareri diversi dalla Martel, anche due registe italiane impegnate come giurate alla Mostra del Cinema. Susanna Nicchiarelli, presidente della giuria della sezione Orizzonti, ha detto: "Per me non ha molto senso parlare di quote per una selezione di un festival. Le donne vanno aiutate nell'accesso alle scuole di cinema e nell'accesso ai finanziamenti. La selezione di un festival è solo la fine del processo. E se già tra i selezionatori ci sono delle donne credo che questo sia una garanzia. Ma il vero problema è l'accesso al denaro per la produzione".
Sulla stessa lunghezza d'onda la collega Costanza Quatriglio, presidente della giuria di Venezia Classici: "Sono d'accordo con la Nicchiarelli. La questione è l'accesso alla professione e poi ai finanziamenti. Non a caso le registe donne abbondano ed eccellono nella regia di corti e documentari, che hanno budget inferiori ai lungometraggi di finzione".
"Si tratta di un tema complesso. Ma io sono fermamente convinto che bisogna fare distinzione tra uomo e artista. La storia dell'arte è piena di artisti che hanno commesso crimini. E di cui ancora ammiriamo le opere d'arte. Io ho visto il film di Polanski e mi è piaciuto, quindi ho invitato il film in concorso. Sono un critico non un giudice. Il mio lavoro finisce qui".
Il direttore artistico della mostra Alberto Barbera - Foto Karen Di PaolaIl direttore della Mostra del Cinema di Venezia, Alberto Barbera, torna così sulle polemiche suscitate dalla presenza in concorso del film di Roman Polanski: "Le polemiche per l'avere invitato alla Mostra Polanski e Nate Parker, persone discusse per essere stati accusati in passato di sexual harrassment, mi sembrano un po' dogmatiche e da cui prendere le distanze. L'unico modo per giudicare un film è la qualità del film stesso. Io non sono un giudice, non posso stabilire se un uomo debba andare in galera oppure no. Sono un critico e posso giudicare se un film merita di stare nella selezione veneziana. E in questi due casi non ho avuto alcun dubbio se invitarli al festival. Spero che da parte del pubblico ci sia la stessa assenza di pregiudizio nel giudicare queste opere".
"Ci sono molti film nel programma di quest'anno che riflettono sul presente, sui grandi temi della contemporaneità con un atteggiamento critico. Mi sembra una cosa importante. Mi sembra che il cinema dopo anni di abbandono a mondi di fantasia e di fughe dalla realtà in universi paralleli, abbia riscoperto la realtà e la storia. Si torna a parlare di temi che ci coinvolgono e ci riguardano tutti, socialmente e politicamente. Il fatto che questo atteggiamento critico, che il cinema ha avuto anche in passato, sia oggi dominante nel cinema d'autore mi sembra significativo e incoraggiante".
Il direttore della Mostra del Cinema di Venezia parla così nella giornata inaugurale della presenza nel cartellone veneziano di tanti 'impegnati', che riflettono sul passato o sul presente in maniera critica al livello sociale o politica.
Più in generale, Barbera parla di "un festival senza pregiudizi, un programma che ha trovato un giusto equilibrio tra film molto attesi, grandi registi, autori molto affermati e un sacco di scoperte di nuovi talenti, di registi emergenti e anche di registi che hanno già fatto altri film ma che continuano ad essere sconosciuti al grande pubblico e agli stessi critici. è un festival che bisogna affrontare con la stessa assenza di pregiudizi che noi abbiamo avuto nel fare la selezione".
E a questo proposito, Barbera cita il ritorno delle polemiche sui film prodotti da Netflix e Amazon. "Le polemiche che hanno preceduto questo e altri festivall non hanno senso. Discutere ancora se un film di Netflix si possa chiamare flm o non sia un prodotto televisivo è qualcosa che è fuori dal tempo. Tra due-tre anni lo streaming sarà forse il modo dominante in cui vedremo i film e queste discussioni appariranno come archeologia del cinema".