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La scommessa è stata vinta. Il nuovo direttore Pedro Armocida, almeno secondo tutti i partecipanti alla cinquantunesima edizione della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, è riuscito a innestare delle novità positive in una rassegna storica e a rilanciare il festival indirizzandolo verso una sua dimensione originale e specifica. Un battesimo incoraggiante suggellato da una buona partecipazione del pubblico e da una risposta generalmente favorevole degli addetti ai lavori. L'esplorazione di sempre nuovi modi di fare cinema è un'esigenza artistica imprescindibile, che a Pesaro ha trovato una vetrina più che adeguata.
La giuria di diciassette giovani provenienti dalle università e dalle scuole di cinema di tutta Italia ha decretato il vincitore del concorso Pesaro Nuovo Cinema: Un jeune poète (2014) del giovane regista francese Damien Manivel. Il film, che racconta delle peregrinazioni di un ragazzo aspirante poeta in giro per la città di Sète alla ricerca di una impossibile ispirazione, è stato premiato con questa motivazione: "per la sua eleganza espressiva, la ricerca di un'essenzialità delle forme; ma anche per una specifica cifra autoriale, che guarda consapevole al cinema del passato sfociando in un linguaggio narrativo e visivo originale che racchiude in sé la forza della poesia e dell'arte, un confronto stimolante tra ambienti e personaggi ed un'efficace stilizzazione del reale".
La giuria ha voluto valorizzare anche altri due film del concorso assegnando delle menzioni speciali: all'intero cast del cileno La madre del cordero di Enrique Farías e Rosario Espinosa "per la sua essenzialità ed intensità, per un'ammirevole e costante ricerca della verità e per la sua forza emotiva" e a Terra degli italiani Marco De Angelis e Antonio Di Trapani "per la sua natura innovativa, la sua complessa mappatura simbolica e per la scrittura visiva che trascina lo spettatore dentro ed oltre le immagini". Il premio del pubblico, che a ogni proiezione ha potuto esprimere il giudizio sui film del concorso con una scheda apposita, è andato a Petting Zoo dell'americana Micah Magee.
Gli originali autori di Terra Marco De Angelis e Antonio Di Trapani hanno provato a spiegare la propria idea di cinema, estremamente personale e lontana da qualsiasi possibile etichetta: "Siamo abbastanza individualisti da poter essere sia fascisti che comunisti. Non abbiamo nessun interesse a sapere se in Italia esiste una scuola di cinema sperimentale: sarebbe un orrore sia che ci fosse, sia che non ci fosse. Il nostro cinema parte da un'ispirazione primitiva e spontanea". Terra racconta di una misteriosa forza cosmica che minaccia di porre fine alla vita del nostro mondo: un viaggiatore spaziale, l'unico in grado di decidere il destino dell'umanità, guida gli spettatori attraverso la testimonianza della presenza dell'uomo sul pianeta. Tra rovine del passato e tecnologia contemporanea, voli spaziali e bellezze antiche, il film mescola immagini documentarie, materiali d'archivio e foto d'epoca. "Non ci siamo ispirati a Terrence Malick per il nostro Terra - spiega De Angelis - È sicuramente un regista importantissimo, ma, non per sembrare blasfemo o vergognosamente immodesto, mi sono sempre divertito a definirlo un magnifico impostore. È come se nel suo cinema ci fosse sempre un calcolo eccessivo, che sottrae spazio a una sincera emotività". "Autori come Godard, Guy Debord o il Pasolini di La rabbia - aggiunge Di Trapani - ci sono sicuramente più congeniali".