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"Romanino ha un tratto assolutamente libero, quasi caricaturale, rivoluzionario. In lui ho ritrovato quegli stessi volti che abitano i luoghi che avevo visitato durante il mio lavoro cinematografico sui sacri monti". Così Elisabetta Sgarbi su La lingua dei furfanti, il breve film saggio (dura poco più di mezz'ora) presentato in anteprima assoluta, sezione Festa Mobile, al 34° Torino Film Festival. Un'opera che segna il ritorno della Sgarbi a Girolamo Romanino e ai suoi magnifici dipinti custoditi in Valle Camonica, dove la regista aveva già realizzato il suo lavoro sulla Via Crucis di Cerveno di Beniamino Simoni. Supportata dalle ricostruzioni teologiche di Giovanni Reale, dai testi di Luca Doninelli, dalle musiche di Battiato e dalla voce narrante di Toni Servillo, la Sgarbi ci accompagna alla riscoperta degli affreschi che Romanino realizzò, tra il 1532 e il 1541, a Pisogne, a Breno, a Bienno, in val Camonica e che testimoniano di un intenso scambio di vita e forma.
La Sgarbi li rimette all'opera, porta in primo piano i dettagli, le figure di contorno, quei furfanti attraverso cui il Romanino intende illuminare alcuni episodi dei Vangeli. Figure costrette, come scrive Giovanni Testori, "a venire sulla scena a furia di calci nel sedere; e non è meraviglia che, una volta lì, essi, tra impetuosa incapacità a organizzarsi, in lingua e vergogna, finiscano col gonfiar tutto".
L'esigenza di evangelizzare quelle valli si scontra con la personalità incandescente del Romanino, anche perché il pittore lavora per pochi soldi, con una committenza minore. Da lì l'intuizione di mettere in scena, accanto a Gesù e la Madonna, gente tipica del posto, di cui sono riconoscibilissimi i tratti fisiognomici. Con abilità tecnica straordinaria il pittore conferisce alla pittura sacra un inedito afflato popolare, un odore di taverna.
"Un film ininterrotto questo - dice Elisabetta Sgarbi - che mi segue da anni. Anzi da cui sono inseguita da anni, da prima di conoscere la Valle Camonica, da prima di conoscere Romanino: da quando mio zio Bruno, mia madre Rina, e poi mio fratello Vittorio, si arrampicavano sin lassù, precedendomi. Così che questo film, così personale nei modi, mi sembra una strana biografia familiare, un mio nascosto romanzo di formazione, che ho condiviso con un altro amico e compagno di avventure, Giovanni Reale."
La lingua dei furfanti è prodotto da Betty Wrong con il sostegno di UBI Banca.