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"Questo film è una lettera d'amore a tutti gli outsider dell'industria". E' Leonardo Di Caprio a sintetizzare così Once Upon a Time in Hollywood, il nuovo (nono) film di Quentin Tarantino che ieri è passato in concorso esattamente 25 anni dopo Pulp Fiction, che gli valse la Palma d'Oro.
Per comprendere chi sia Quentin Tarantino e quale sia il suo sconfinato amore nei confronti del cinema (ammesso ce ne sia ancora bisogno), basterebbe il curioso episodio che l'ha visto protagonista sulla Croisette qualche giorno fa, ben prima di dover presentare il suo ultimo lavoro, Once Upon a Time in Hollywood, passato ieri in Concorso.
Come fosse un invitato qualsiasi, insieme alla moglie, ha calcato la passerella di un altro film, The Wild Goose Lake di Diao Ynan, per poi sedersi in sala, godersi la proiezione e applaudire sinceramente il collega (rivale, in gara anche lui per la Palma d'Oro) a fine film.
Anche per questo, ipotizziamo, il regista di Knoxville ha pregato tutti gli addetti ai lavori di non spoilerare troppo il suo nuovo film, per non rovinare la visione "pura" di qualsiasi altro spettatore.
Come noto, Once Upon a Time in Hollywood è ambientato nella Los Angeles del 1969. L’attore televisivo Rick Dalton (Leonardo DiCaprio) e la sua storica controfigura Cliff Booth (Brad Pitt) cercano di farsi strada in una Hollywood che ormai non riconoscono più. A Cielo Drive, la strada privata dove vive Dalton, da qualche giorno Roman Polanski e la sua nuova compagna Sharon Tate (Margot Robbie) hanno preso in affitto una villa, adiacente all’abitazione dell’attore.
"L'idea del film nasce per il costante interesse intorno alla Manson Family e a quegli efferati omicidi. Credo sia l'impossibilità di capire realmente perché quei ragazzi e quelle ragazze abbiano deciso di assoggettarsi così a quella figura a causare questo fascino", dice Quentin Tarantino.
Per interpretare Sharon Tate "ho fatto alcune ricerche ma alla fine ho capito che quello che voleva Quentin era che io comprendessi quale fosse il significato di quel personaggio all'interno della storia e ho capito che doveva rappresentare un raggio di luce", racconta Margot Robbie.
Sulle scene violente all'interno del film, invece, Brad Pitt spiega: "Non vanno intese come espressione di rabbia contro le persone, ma contro la perdita d'innocenza che quegli omicidi efferati hanno rappresentato. E in fondo è questo il tema centrale del film, la perdita dell'innocenza che da quel momento in poi ha caratterizzato un po' tutto quanto".