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Sotto un cielo di stelle, quello di Marzamemi, ieri sera ha brillato la stella più bella: l'attrice Miriam Leone che, in veste di madrina, ha inaugurato la VXI edizione del Festival internazionale del cinema di frontiera di Marzamemi. Per l'anteprima della kermesse nel cortile di Villadorata e poi, sul palco principale di piazza Regina Margherita, intervistata da Ornella Sgroi, conduttrice del Festival, Miriam Leone ha regalato al pubblico del Cinema di Frontiera ricordi privati e professionali.
Una clip di 4 minuti ha ripercorso la carriera artistica dell'attrice con le sue interpretazioni principali. Un "regalo", per usare le parole di Miriam Leone, molto apprezzato dall'attrice che ha detto: "Riconosco momenti di sofferenza o di gioco, sono anni e situazioni diversi della mia vita professionale". "Ma anche questa piazza è un bel regalo - ha aggiunto Miriam Leone - una piazza che amo da sempre, da quando ero piccola e venivo qui con la sediolina per veder i film gratis. Stavo lì, seduta tra le ultime file, a sognare ad occhi aperti. E oggi sono rimasta sempre con quegli occhi sognanti. Perché il cinema sì è verità, ma è anche sogno e quindi sogno ancora, non mi sento arrivata da nessuna parte. La mia terra è una partenza ma anche un ritorno. E ogni volta che torno sono felice".
E sogna in grande Miriam Leone, che ha due film importanti in uscita: Fai bei sogni di Marco Bellocchio, presentato al Festival di Cannes, e l'opera seconda di Pif, In guerra per amore, di cui l'attrice è protagonista. "Cannes - ha detto Miriam Leone - è un carpet molto glamour, emozionante. Anche in questo caso il sogno ritorna perché mai nella vita mi sarei aspettata di fare un red carpet a Cannes e di lavorare con un maestro come Bellocchio che mi ha insegnato e mi ha dato tanto. Qui a Marzamemi è per me è un'emozione diversa perché sono a casa. E a casa è il posto dove il cuore batte più forte". Da Bellocchio a Pif: "Un siciliano che va in giro a raccontare la nostra terra, a raccontare la mafia, per esempio - ha spiegato Miriam Leone - come in La mafia uccide solo d'estate e In guerra per amore che racconta lo sbarco degli americani del 1943 in Sicilia, aiutati in qualche modo dalla mafia".
Tanto cinema, insomma, ma anche tanta televisione per Miriam Leone che ha esplorato linguaggi, ruoli ed emozioni differenti. Per esempio in tv il suo personaggio più recente è Valeria Ferro di Non uccidere che le è valso il Ciak d'oro come miglior attrice. Qui Miriam Leone ha lavorato sottotono rispetto alla bellezza che l'ha lanciata, anni fa. "La trasformazione è la parte più bella di questo mestiere - ha detto l'attrice - mi piace non essere me, mettermi nei panni degli altri, andare a cercare la verità tramite un costume e una storia. Quella ricerca della verità che, nel caso di Valeria Ferro, voleva dire una donna che si trascura, che lavora in un ambiente molto maschile, è un ispettore di polizia, e per essere rispettata butta via la propria femminilità. E' un personaggio molto diverso da me. Quando sono andata a fare i provini il regista mi ha fatta struccare completamente quindi mi sono presentata "nuda" perché il trucco un po' filtra, ti protegge e questo spogliarsi dell'artificio, in qualche modo, mi ha dato la possibilità di interpretare tutto dall'interiorità del personaggio".
Ieri, dopo l'inaugurazione della manifestazione con Miriam Leone, è stato proiettato il primo lungometraggio in concorso, Sonita; stasera sarà la volta di La sposa bambina, mentre domani di Tra la Terra e il cielo che porterà gli spettatori sulle rive del Gange dove, tra i mutamenti della contemporaneità e le richieste della tradizione, si incrociano e si mescolano le vite di vari personaggi con le loro storie di amore, libertà, emancipazione. Film d'esordio di Neeraj Ghaywan, Tra la terra e il cielo, si discosta dal panorama di Bollywood e dal cinema indiano che solitamente si affaccia sulle sale occidentali. Nell’intrecciarsi di due storyline, il focus del racconto lascia da parte i colori e i paesaggi tipici dell’immaginario indiano, per focalizzarsi sulle storie di giovani stanchi della chiusura della società in cui vivono e pronti a seguire la loro idea di progresso. Il malessere della nuova generazione che si affaccia in questo tipo di realtà sociale è raccontato con una scrittura delicata, capace di mettere in evidenza la stratificazione emotiva su cui poggiano le contraddizioni che scuotono i giovani protagonisti.