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“Per me Eduardo coincide con il teatro e il teatro coincide con Eduardo”: così Sergio Rubini, regista de I fratelli De Filippo, presentato alla XVI Festa del Cinema di Roma. Un rapporto, quello con il grande attore e drammaturgo, che arriva da lontano: “Da bambino, mio padre mi portò a vedere Sabato, domenica e lunedì a Bari. Poi, da adolescente, debuttai nella compagnia filodrammatica di di mio padre, interpretando Nennillo in Natale in casa Cupiello”.
E proprio questa commedia fu oggetto dell’incontro tra il giovane Rubini e Peppino De Filippo: “Vidi due spettacoli e gli diedi la tessera onoraria del mio circolo teatrale. Mi disse che di Natale in casa Cupiello aveva scritto le cose più belle, senza che Eduardo glielo riconoscesse. Mi chiesi perché quell’ultrasettantenne passasse il tempo a parlare male del fratello. E allora compresi che c’era una ferita aperta, da indagare”.
Rubini e il produttore Agostino Saccà hanno impiegato sette anni per realizzare il biopic dedicato all'ascesa nel mondo teatrale dei tre figli illegittimi di Eduardo Scarpetta: “All’inizio doveva essere una serie, poi abbiamo deciso su cosa concentrarci per farne un film. Volevo raccontare la formazione del trio come se fosse una band, i De Filippo come i Beatles. Siamo abituati a pensare a loro come dei personaggi museali, invece sono stati giovani, donnaioli, rivoluzionari, capaci di tradire come solo i giovani riescono a esserlo per potersi scavare la propria strada. Mi affascinavano le loro ferite sconosciute: tre fratelli partiti da una condizione di emarginati e che si affermano grazie alla creatività, alla tenacia, all’abnegazione. In questo senso è una storia molto italiana”.
“Con gli sceneggiatori Angelo Pasquini e Carla Cavalluzzi – continua Rubini – volevamo raccontare un certo modo di vedere il mondo. Peppino ha scritto un libro molto velenoso sulla sua famiglia, Eduardo non voleva raccontarne e per questo fu accusato dal fratello. Però con Eduardo parliamo di uno dei padri fondatori del neorealismo, che come Ulisse ha avuto bisogno di fare un grande viaggio (la scoperta di Pirandello, la permanenza a Milano, l’incontro con la moglie americana, recitare in lingua inglese) per poi tornare a casa e trasformare in arte i propri drammi”.
A interpretare i fratelli, tre giovani attori alla prima grande occasione in un film importante. Mario Autore è Eduardo: “Nei fatti sappiamo poco dell’aspetto umano di questa famiglia ma è quello da cui sono nate più leggende. Eduardo fa parte del nostro inconscio collettivo, è un archetipo: grazie a una certa distanza sentimentale mi sono avvicinato a lui più come personaggio storico che come attore, evocandolo senza imitarlo”.
Titina ha il volto di Anna Ferraioli Ravel: “Tutti e tre sono personaggi profondamente contemporanei. È un film di affratellamento più che di fratellanza, di rapporti, legami. Per me Titina è irraggiungibile, ho cominciato da ragazza nei laboratori teatrali interpretando Filumena Marturano: abbiamo evitata l’autocelebrazione partenopea adottando un approccio umano”.
Domenico Pinelli interpreta Peppino: “Sono personaggi entrati nell’immaginario collettivo eppure non li conosciamo bene nell’epoca raccontata”. Nel ruolo di Vincenzo Scarpetta, fratellastro dei tre e figlio legittimo di Eduardo Scarpetta (nel film è Giancarlo Giannini), c’è Biagio Izzo: “Vengo da un cinema diverso, mai avrei pensato di interpretare un personaggio così bello, che ha combattuto molto ed è pieno di dolore: la ricchezza di Vincenzo non ha niente a che vedere con l’arte dei tre ‘bastardini’. Sergio mi ha fatto uscire cose che non credevo di avere: spero di fare altri film seri e potenti come questo”.