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A Napoli, sulla facciata della sua villa, Eduardo Scarpetta fece scrivere: “Qui rido io”. E proprio così s’intitola il film di Mario Martone sul più importante attore e autore del teatro napoletano tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento. O meglio sulla sua famiglia, una tribù straordinaria, composta da mogli, compagne, amanti, figli legittimi e illegittimi tra cui Titina, Eduardo e Peppino De Filippo.
In concorso alla Mostra del cinema di Venezia e nelle sale dal 9 settembre, Qui rido io racconta la storia di quest’uomo di umili origini che si affermò grazie alle sue commedie e alla maschera di Felice Sciosciamocca (nel cuore del pubblico napoletano ha soppiantato Pulcinella), e che, al culmine del successo, decise di realizzare la parodia de La figlia di Iorio, tragedia di Gabriele D’Annunzio. Una commedia che fu interrotta dalle urla e dai fischi dei poeti e dei drammaturghi della nuova generazione che gridarono allo scandalo e per la quale Scarpetta fu denunciato per plagio dallo stesso D’Annunzio.
“È una figura quasi mitologica che divora Pulcinella e il teatro di San Carlino - dice Mario Martone-. Ebbe tantissimi figli e li fece studiare tutti sia i maschi che le femmine. I suoi figli illegittimi non avranno mai il suo nome e non riceveranno un’eredità come quelli legittimi, ma trasmetterà a tutti la creatività del genio”.
Scritto a quattro mani dallo stesso Martone insieme ad Ippolita di Majo questo film è un romanzo corale, una sorta di commedia che omaggia il teatro di Scarpetta, ed è frutto di un lungo lavoro di documentazione (dalla sua autobiografia ai tanti documenti del processo). “Il film è pensato come una commedia, un testo teatrale – spiega il regista-. C’è dolore, contraddizione, umanità e c’è un personaggio pazzesco: Scarpetta”. Lo interpreta Toni Servillo. “Sono molto emozionato- dice l’attore-. Ho immaginato Scarpetta come un animale. Gli animali predano, ma non predano a caso, tracciano i contorni di un limite nel quale stabiliscono come fare la loro caccia. Le prede di Scarpetta sono le donne, il teatro, i testi. Uno scambio straordinario e continuo tra vita e teatro. Si mischiano continuamente le tende dei salotti e le quinte del palcoscenico. È un film dove coincidono, come in un grande prisma che è il flusso della vita stessa, le nascite e i lutti, i successi e gli insuccessi, gli entusiasmi e le depressioni per i fiaschi, le invidie e le ammirazioni. Scarpetta è un attore che si fa carico di rappresentare la vita attraverso il corpo, che celebra la vita, e noi raccontiamo il suo irresistibile vitalismo”.
Credits: Mario SpadaQuali i suoi nemici? “Sul piano storico la nuova generazione di autori che testimoniarono contro di lui. Un altro avversario è stato il suo stesso figlio Peppino. Ebbe un dolore enorme per essere stato abbandonato per cinque anni. Tanto che poi scrisse un libro molto duro dal titolo Una famiglia difficile”, risponde Martone. E poi: “A un certo punto della sua vita Scarpetta pecca di hubris. Non gli basta più la ricchezza, ma vuole la gloria, e sfida il più grande poeta d’Italia: Gabriele D’Annunzio. Non immagina che La figlia di Iorio finisca tra le urla. Fonda tutta la sua vita sull’amore per il pubblico e improvvisamente il pubblico gli si rivolta contro. Da lì comincia la sua incrinatura. Nella seconda parte del film c’è dunque una malinconia fino ad arrivare al processo in cui trova la forza di rindossare la maschera”.
Tante le donne della tribù di Scarpetta. A cominciare dalla moglie Rosa intrepretata da Maria Nazionale. “Una donna forte e tenace che mantiene in asse tutta la famiglia e cerca di tenere testa ad Eduardo. Nella sua casa Scarpetta costruì il suo harem. Lei a un certo punto decise di mettere da parte il dolore e di sostenere sia i figli legittimi che quelli illegittimi. La gente popolare aveva una cattiva idea di questa famiglia, ma a lei non interessava”, racconta l’attrice. E Iaia Forte nei panni di Rosa Gagliardi: “Le donne di questo film sono speculari ai personaggi maschili. Hanno qualcosa di virile. Sono come i grandi personaggi di De Filippo come Filumena Marturano. Questa tribù scompiglia ogni borghesismo e conformismo e questo rende la storia profondamente contemporanea”. Nel cast anche Cristiana Dell’Anna e Antonia Truppo.
Infine Mario Martone conclude: “Non si poteva non fare questo film”.