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“Potrebbe sembrare retorico ma per fortuna, anche se raramente, libri e film possono cambiarti la vita. Quando ero ragazzino, L’attimo fuggente mi ha fatto capire quanto potesse essere bello diventare scrittore. E poi Into the Wild, che per me fu dirompente. L’ho visto il giorno del mio trentesimo compleanno, uscii in lacrime dalla sala. Pochi mesi dopo ho fatto la scelta di vivere in una baita dove tuttora passo molto tempo”.
C’è anche il cinema nell’educazione sentimentale – e nell’immediato futuro, come vedremo – dello scrittore Paolo Cognetti, ospite della XXV edizione di Tertio Millennio Film Fest per presentare il film in concorso Sogni di Grande Nord, il documentario diretto da Dario Acocella che segue il suo viaggio dal Canada ai confini con l’Alaska.
“All’inizio l’idea era di unire luoghi, case, cimiteri importanti per i miei percorsi di lettore e scrittore – spiega Cognetti – ma non volevamo fare un film sui morti. Allora abbiamo cominciato a chiederci dove si potesse trovare lo spirito vivo di maestri come London, Carver, Thoreau. E l’abbiamo trovato sulla frontiera del Grande Nord, un posto ancora intatto, dove c’è pochissima gente. Per un europeo è incredibile che ci sia un mondo in cui uomo non c’è”.
In compagnia dell’illustratore Nicola Magrin, Cognetti si è messo in viaggio con un camper preso in affitto, con l’obiettivo di raggiungere il Magic Bus di Chris McCandless di Into the Wild, in seguito rimosso dal luogo in cui giaceva abbandonato, in Alaska.
“La mia vita cambiata con quel film – rivela Cognetti – e in quel posto ho trovato un contatto con l’anima di Chris. Quando sono arrivato lì, il cielo si è aperto: mi sono sentito accolto, è stato un incontro speciale”.
A differenza di McCandless, morto a 24 anni, Cognetti è un uomo che ha superato i 40 anni: “Nel film c’è quel senso della ricerca delle origini che ha a che fare con le scelte radicali che si fanno da giovani. Chris ma anche Thoreau che a 24 anni costruì la sua capanna di tronchi e London che a 27 si unì corsa all’oro. Siamo andati a vedere cosa c’è di vero in questi miti e da dove arriva ciò che scrivo. E abbiamo trovato nel salmone che risale fiumi il nostro animale totemico”.
Sogni di Grande Nord esplora storie incardinate su un grande desiderio di libertà ma che contemplano anche un certo egoismo: “C’è grande egocentrismo nelle loro parabole. Il grande dilemma di questo percorso non è tanto il cammino in sé ma il per capire il percorso tra la libertà di scelta e l’amore come condivisione. Con questo film ho capito quali sono le mie radici. E amo il documentario perché ti permette di apprezzare il mondo e le storie degli altri”.
Il rapporto di Cognetti con il cinema non finisce qui. Le otto montagne, il romanzo con cui nel 2017 ha vinto il Premio Strega, diventerà un film diretto da Felix Van Groeningen (Alabama Monroe, Beautiful Boy) e interpretato da Luca Marinelli e Alessandro Borghi: “Hanno girato vicino casa mia, tutto tra i 2000 e i 3500 metri di altitudine, forse anche 4000 quando sono andati sul ghiacciaio. Tutto all’aperto, dal vivo. Sono appena rientrati dal Nepal, torneranno in Val d’Aosta per concludere le riprese. Un grandissimo lavoro, Borghi e Marinelli sono il meglio che c’è in Italia e io faccio un cameo come lavapiatti”.
da sinistra Gianluca Arnone e Paolo Cognetti - Foto di Karen Di PaolaIn libreria con il nuovo romanzo La felicità del lupo, edito da Einaudi, Cognetti sta concludendo i lavori della sua ultima impresa: “Una baita, un luogo di condivisione artistica. È un po’ una follia: ho preso un rudere a 2000 metri e ho speso tutti i miei averi per fare una via di mezzo tra un rifugio alpino e una residenza culturale. C’è disperato bisogno di portare in montagna ciò che di bello può produrre l’uomo”.