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“Che cosa è disposta a fare una madre per i propri figli? Ho voluto realizzare una sorta di versione da incubo della maternità, incentrata sulla paura che le donne vivono quando si trovano a dover affrontare una bambina come questa, con la paura che la tua casa vada a pezzi, che danneggi altri bambini: è uno scenario horror”.
La regista tedesca Katrin Gebbe apre la sezione Orizzonti di Venezia 76 con Pelican Blood, film che racconta la storia di Wiebke (Nina Hoss), donna che vive insieme alla figlia adottiva Nicolina (Adelia-Constance Ocleppo) in una fattoria, dove gestisce un maneggio e ammaestra i cavalli di un corpo di polizia. Dopo molti anni di attesa, ora ha la possibilità di adottare un'altra bambina, Raya (Katerina Lipovska), per dare a Nicolina la sorella desiderata. Le prime settimane trascorrono in armonia ma poco dopo, Wiebke si rende conto che Raya, inizialmente timida e chiusa in se stessa, diventa sempre più aggressiva e rappresenta un pericolo per se stessa e gli altri.
“Tanti film horror iniziano in modo eccitante ma poi finiscono in maniera diluita, io volevo invece che le emozioni più spaventose tenessero lo spettatore in bilico fino alla fine”, dice ancora la regista, che per il film – come ricorda la produttrice Verena Gräfe-Höft – “si è basata su molte storie vere che abbiamo letto, o conosciuto direttamente”.
Wiebke “è una madre che gira le spalle alla società, lascia dietro di sé tutti i comportamenti normali per arrivare al suo scopo. Non può rinunciare a questa bambina”, spiega ancora Katrin Gebbe, che aggiunge: “Persone con disturbi psicologici possono distruggere l'armonia familiare: che fare in certi casi? Abbandonarli a se stessi o combattere contro tutto e tutti per cercare di risolvere il problema?”.
Sfiorando spesso e volentieri atmosfere da thriller-horror soprannaturale, Pelican Blood è “una metafora in qualche modo, che solleva molte domande e molte critiche verso la società. Ci sono istituti e medici specializzati, ma queste famiglie e queste madri vengono spesso lasciate sole e anche per questo, alla fine, per il personaggio di Wiebke è stato quasi naturale, giusto trovare la risposta nell'esoterismo”, conclude la regista.