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Da Venezia a Berlino, il regista cinese Jiang Wen è di casa ai grandi festival internazionali. Wen oggi è uno dei cineasti della Repubblica Popolare più richiesti, e amati, nel mondo. Il suo stile non conformista ne ha fatto un’icona, anche in patria. Iniziata la carriera come attore nell’acclamato Red Sorghum di Zhang Yimou (1987), la sua strada da regista Wen l’ha trovata nel 1994 con l’indimenticabile In the Heat of the Sun, premiato al Festival di Venezia per il migliore attore di quell’anno.
Il nuovo Gone With the Bullets presentato in concorso alla 65ma Berlinale in Cina è stato bloccato all’ultimo minuto, a dicembre, per divergenze con la censura. “Questa volta il motivo addotto dalla censura è stata l’incomprensibilità del film per il grande pubblico. Come se l’arte debba essere comprensibile per essere sé stessa”, questo il commento del regista a margine della presentazione del film.
Quello della censura mascherata, o alleggerita, sembra essere un nuovo fenomeno in Cina: sempre meno motivi politici, sempre più motivi ‘puramente’ estetici e formali. “Una prospettiva interessante di guardare il mondo quella del governo del mio paese. Immagino solo cosa sarebbe il mondo se tutti la pensassero, e agissero, allo stesso modo”.
L’ultima volta di Jiang a Berlino è stato vent’anni fa. Allora l’impressione che aveva ricevuto è che il mondo non capisse molto la Cina. Ma più che un problema agli occhi del regista la distanza tra Cina e Occidente da allora ha permesso di generare molte opere cinematografiche di qualità. “Oggi i nostri mondi sono molto più vicini di allora. Ci conosciamo molto di più. Anche se i fraintendimenti restano”. Per Jiang questa Berlinale è stata un’occasione per intensificare il dialogo tra le due culture. “Per farlo ho bisogno di due condizioni nel mio lavoro: la storia e la verità. Facendo questo film ho continuato la mia ricerca della verità”.
Con gli effetti speciali firmati dalla tedesca Pixomondo e una coproduzione con il gigante Columbia Pictures, Gone With the Bullets è una grande commedia d’azione dal budget a molti zeri. “Ma mi rifiuto di definirlo un film commerciale. Cosa vuol dire poi commerciale? Che un regista cerca di creare storie interessanti?”.
Shangai 1920: l’ex nobile Ma Zouri ora imbroglione di professione fa affari con il poliziotto “Bruni“ Xiang Feitan. I due lavano denaro in grande stile su commissione del playboy Wu-Seven. Tra le loro specialità: l’organizzazione di concorsi di bellezza, dove ogni volta si incontra l’élite cittadina. L’inaspettata vittoria di un outsider scompiglia il gioco e fa esplodere la trama come un fuoco d’artificio.
Una parodia? “La Cina, oggi, è ben al di là della parodia. Piuttosto è un’enciclopedia satirica”.