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“Ema è la forza della natura, è figlia, è sorella, è moglie, è amante, è madre, è ballerina. Lei è il sole, e tutti i pianeti le ruotano intorno, ma se ti avvicini troppo ti bruci. Quando lei balla racconta la storia di se stessa, il modo in cui si esprime con la musica riflette il suo stato d’animo”.
Pablo Larraín torna in concorso a Venezia tre anni dopo Jackie. Lo fa con Ema (già acquistato per l’Italia da Movies Inspired), film che lo riporta in Cile dopo la parentesi statunitense: ambientato a Valparaíso, il film è incentrato su una giovane ballerina che decide di separarsi dal coreografo Gastón (Gael García Bernal) dopo aver rinunciato a Polo, bambino che avevano adottato ma che non sono stati in grado di crescere.
Il cast - Foto Karen Di Paola“In Cile abbiamo avuto 53 adozioni revocate in 3 anni. Un’adozione che fallisce è un trauma, questa coppia si ama e ha la necessità di capire cosa hanno fatto mentre tutti gli altri e loro stessi non fanno altro che giudicarsi”, spiega il regista, che per quanto riguarda le musiche e le numerose coreografie presenti nel film rivela: “Quando ho incontrato Nicolas Jaar la prima volta (l’autore delle musiche, ndr) mi ha fatto sentire le canzoni più ascoltate in Cile e in America Latina. Vuoi fare un film sulla gente contemporanea?, mi ha chiesto. ‘Allora dobbiamo inserire necessariamente il Reggaeton’. Una cosa che a me non piaceva particolarmente, devo essere sincero, ma che poi ho imparato ad amare, mano a mano che il film prendeva forma”.
Come da titolo, il film è incentrato e letteralmente trascinato dalla sua protagonista, interpretata da Mariana Di Girolamo: “Ema vuole essere madre ma vuole avere una famiglia diversa da quella tradizionale, pluriamorosa, con molta libertà dal punto di vista sessuale. È una donna molto libera, tra le più libere che io conosca, sensuale, molto convinta di se stessa”.
Ema ©Juan Pablo Montalva“Piena di fuoco”, aggiunge Larraín, alludendo ovviamente ai peregrinaggi notturni di Ema con lanciafiamme al seguito: “Quello che fa con il fuoco è una sorta di testimonianza artistica del suo passaggio, un lasciare una traccia”, spiega ancora il regista, che per la prima volta nella sua carriera si concentra sull’oggi delle nuove generazioni: “La generazione di oggi ha dei codici molto specifici, che rispettano seriamente. È stata una sfida per me, ho imparato molto dell’estetica e dell’etica di questa generazione”.
E il Reggaeton è un ballo “tipico e caratteristico di questa generazione”, dice Mariana Di Girolamo. “Questo ballo rappresenta una liberazione, io ci sono cresciuta. Il ritmo è contagioso, sinuoso, non ascolto molto questa musica ma mi piace molto ballarla. Un vero atto di liberazione, che si balla in gruppo, in due, in tre. Ho sempre amato ballare, ma non sono mai stata una professionista. Ho lavorato molto con il coreografo del film, Jose Vidal, sia per le sessioni di reggaeton che per il suo “Il rito della primavera”.
Alla terza collaborazione con Larraín (dopo No e Neruda), Gael García Bernal interpreta il coreografo Gaston, compagno di 12 anni più grande di Ema: “Dal mio punto di vista è una coppia che sta cercando di capire il trauma dato da questa adozione revocata. Ema lo fa attraverso un processo artistico, sta sperimentando, sta esplorando, sta utilizzando tutte le forme di espressione a sua disposizione per potersi perdonare. E lo sta mettendo insieme in modo molto interessante. Gaston invece non concepisce il ballo al di fuori di una coreografia scenica, non concepisce il ballo in strada, è meno libero di Ema”, dice l’attore, che sullo sguardo del regista aggiunge: “Di solito quando si fanno film sul passato si lavora su un piano ontologico cercando di pensare come stavano e come vivevano le persone dell’epoca. Ma non si fa questo con il contemporaneo. Credo alla base del film ci sia proprio la volontà di capire le situazioni di oggi, la fine delle certezze, un momento in cui abbiamo bisogno di una nuova narrativa che sia capace di esprimere le nostre speranze per il futuro. C’erano tante sfide in questo film e l’abbiamo approcciato in questo senso”.