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“Questo film volevo farlo da molto tempo, quando il produttore è venuto da me non ho esitato. Ho sempre voluto raccontare gli Anni Sessanta. All’epoca ero un giovane attore che muoveva i primi passi nel mondo del cinema. L’Inghilterra era un Paese classista, c’è stata una rivoluzione. La musica è cambiata e anche tutto il resto”. Così l’attore Michael Caine presenta il documentario My Generation di David Batty, di cui Caine è voce narrante.
“La classe operaia in Inghilterra sembra essere scomparsa. Siamo molto preoccupati. La generazione di adesso è completamente diversa. Negli Anni Sessanta avevamo una sola stazione radio per ascoltare la musica pop e chi leggeva le news alla BBC metteva lo smoking. Oggi tutti possono scegliere la canzone che vogliono con un click”.
My Generation racconta il fermento di quel decennio: l’esplosione della cultura pop, le droghe, i vestiti e il taglio di capelli. Per poi passare alla guerra in Vietnam e alle manifestazioni per le strade. In sottofondo si sentono le musiche degli Who, dei Rolling Stones, dei Beatles e di tutti quei gruppi che hanno fatto la storia. Le immagini di repertorio si uniscono alla filmografia di Caine e si sentono le voci dei protagonisti, di coloro che hanno vissuto quel periodo esplosivo.
David Batty, il regista, aggiunge: “La cultura popolare della classe operaia è stata creata dalla generazione di Michael. Il pop è diventato un perno della nostra società”. E sulla Brexit Caine si sbilancia: “Io sono favorevole alla Brexit. Preferisco essere povero, ma padrone del mio destino. Non voglio essere schiavo di nessuno. Questo non ha niente a che fare con la valuta: voglio essere libero!”.
Michael Caine e David Batty - Foto Karen Di PaolaPoi gli Anni Sessanta tornano a ruggire: “Mi sento l’attore più fortunato del mondo. La mia carriera è decollata quando John Osborne ha iniziato a scrivere Look back in Anger. La classe operaia approdava anche a teatro. Un trionfo”. Ma sembrava davvero di essere in Paradiso cinquant’anni fa? “Non si possono paragonare due epoche così diverse. Noi non avevamo niente e volevamo costruire qualcosa, andare oltre il classismo. Oggi si può comunicare in qualsiasi momento con chi vogliamo, e lo trovo favoloso. Ci sono i computer i cellulari e tanti altri mezzi. Però dobbiamo ricordare ai ragazzi che la vita devono costruirsela da soli, perché nessuno lo farà al loro posto”.